La “rigenerazione” del trampolino Italia: più che tesi di laurea un progetto vero

Mattia Menardi “Menego” e il sovramontino Gabriele Bee chiedono supporto a Comune e Regole per arrivare in fondo

CORTINA. Studiare la rigenerazione di un monumento storico e su questa base realizzare un progetto serio. Parla di concretezza Mattia Menardi “Menego”, giovane ampezzano laureando in architettura all’Università IUAV di Venezia, che da oltre un anno (insieme al collega sovramontino Gabriele Bee) sta lavorando alla propria tesi magistrale dedicata alla ristrutturazione del trampolino Italia di Cortina. Un argomento per nulla banale, come tutto quello che riguarda le opere architettoniche che hanno celebrato le Olimpiadi del 1956, e che oggi si trovano in uno stato di triste abbandono. Non si tratta di ristoranti, alberghi o musei da inserire all’interno del complesso: il progetto parte da un rilievo analitico dell’opera per capire, insieme al Comune e alle Regole, che strada intraprendere per non lasciare inutilizzata una struttura che oggi si limita ad ospitare un torneo di calcio ed una festa campestre. E che invece potrebbe tornare utile in caso Cortina arrivasse ad organizzare le olimpiadi del 2026.

Ma perché dedicarsi ad uno studio simile che comporta tante difficoltà?

«Era da anni che pensavo di fare un progetto del genere», spiega Mattia Menardi, «non mi piaceva l’idea di fare una tesi per laurearmi e che tutto finisse lì. Volevo fare una cosa più concreta e farla a Cortina e per Cortina. Parlando con il mio professore abbiamo optato per il trampolino, un simbolo abbandonato del paese».

Quando nasce l’idea?

«Abbiamo iniziato a definire il progetto un anno fa con un’idea chiara in testa: per la rigenerazione, il recupero e il restauro del trampolino, era importante lavorare con realtà locali. Noi ci siamo rivolti a Dolomiti Contemporanee, un laboratorio che riqualifica e valorizza luoghi abbandonati attraverso varie metodologie, in particolare l’arte contemporanea. Quest’anno sono presenti al Padiglione Italia della Biennale di Venezia. Si sono mostrati subito molto disponibili e interessati a lavorare con noi».

Avete il supporto dell’Università?

«Sì, abbiamo avuto da subito il sostegno del professor Paolo Faccio che conosce alla perfezione le criticità del calcestruzzo ed è uno dei massimi esperti di restauro di opere contemporanee. Quello che ci ha detto fin da subito è stato questo: non voglio una tesi di laurea, voglio un progetto serio. Per questo stiamo cercando di creare una forte rete sul territorio; la speranza è di ricevere anche l’aiuto del Comune e delle Regole, vogliamo lavorare con loro».

Su quale materiale state lavorando ora?

«La maggior parte dei documenti l’abbiamo trovata tramite privati, devo ammettere che la ricostruzione storica è stata molto difficile. Nonostante questo abbiamo già realizzato il rilievo del trampolino. Un lavoro non facile, abbiamo applicato delle tecniche particolari tra cui l’uso dei droni che ci hanno permesso di fare delle fotografie specifiche e attraverso programmi complessi abbiamo creato un modello tridimensionale dell’opera, una nuvola di punti».

Obiettivo finale?

«La cosa che stiamo cercando di fare attraverso il “Cluster Lab IUAV HEModern”, un laboratorio di ricerca dell’Università dedicato al restauro moderno, è di inserire questo lavoro all’interno di una rete territoriale, per non lasciare che la nostra idea venga abbandonata. Molti presentano al Comune progetti rivoluzionari, che poi non vengono realizzati. Noi vogliamo parlare del trampolino e del fatto che deve essere riqualificato: per farlo tutte le parti coinvolte devono essere unite». —

Alessandro Michielli. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI .

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