La crisi della montagna bellunese nella tesi di Claudia Soppelsa

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Il rimo momento in cui si è esposta politicamente, anche se al di fuori di ogni logica di partito o movimento, è stato il 2011, quando (appena 17enne) ha co-organizzato il convegno “Futuro nel presente” dedicato alla vita dei giovani in montagna. Da allora Claudia Soppelsa, 27 anni di Rocca Pietore, ha impiegato parte del suo tempo libero a lottare per il riconoscimento di una vera specificità della provincia di Belluno, che non passasse soltanto attraverso slogan politici o leggi-specchietto per accontentare i montanari di turno, ma che diventasse vero baluardo delle peculiarità del nostro territorio, così fragili e preziose.
La sua tesi di laurea in Giurisprudenza all’università di Trento, dedicata allo studio de “Il governo dei territori montani e la riforma Delrio. L’esperienza della provincia di Belluno”, segna il punto di arrivo di questo percorso lungo dieci anni. «Durante la ricerca ho avuto molte difficoltà a trovare materiale organico sul caso Belluno, tanto che mi sono dovuta affidare spesso a relazioni, delibere, verbali, nonché ad articoli di giornale».
Una trattazione lunga 200 pagine che è un compendio di dove sia arrivato il riconoscimento politico della montagna bellunese e che potrebbe essere pubblicata assieme alla terza edizione della “Bottega dei custodi del territorio” , progetto editoriale del gruppo “DDolomiti”. L’ultimo capitolo è dedicato alle interviste dei principali esponenti politici interessati al tema, come l’assessore regionale Gian Paolo Bottacin, il ministro Federico D’Incà, il presidente della Provincia Roberto Padrin, ma anche De Pascale (Upi), Bussone (Uncem) e Conte (Anci Veneto). «C’è una sensibilità crescente, ma i disastri ambientali e la crisi climatica che stiamo attraversando hanno tracciato una nuova direttrice: lo Stato si sta accorgendo che non può continuare a tamponare erogando fondi, ma che deve anche prevenire dando agli enti locali la giusta autonomia di manovra amministrativa».
Dall’analisi del “casus Belluni” emerge un fattore su tutti: «Non c’è una responsabilità oggettiva dello Stato, della Regione o della Provincia nel disastro inaugurato dall’entrata in vigore della legge 56/2014. Ricordiamo che già Berlusconi, prima di Monti, aveva annunciato di voler cancellare le Province. Il problema è non considerare che la montagna occupa oltre il 35 per cento del territorio nazionale: dovremmo smetterla di trattarla soltanto in modo incidentale, quando ci sono emergenze a cui porre rimedio, come il dissesto idrogeologico o lo spopolamento. È ora di affrontare il tema di petto e inserire gli interessi della montagna al centro di una nuova riforma istituzionale, invocata da più parti».
Dimenticando, una volta tanto, i confini geopolitici: «Siamo troppo abituati a ragionare per enti invece che per aree vaste. Ma ci sono argomenti, come la governance delle aree montane, che dovrebbero essere guardati al di sopra di mere logiche di confine e al di fuori di campanili e interessi economici». Anche perché ne va del futuro dell’intero sistema Paese». —
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