La collana d’oro in realtà era d’acciaio
AURONZO. La collana era d’acciaio. Neanche parente dell’oro. Il processo a Vincenzo Di Noia per truffa aggravata a una gioielleria di Auronzo è finito con una condanna a un anno e tre mesi e 800 euro di multa. Il giudice Cittolin ha accolto la richiesta del pubblico ministero Rossi, malgrado tutti i tentativi in senso contrario dell’avvocato difensore Vissat del foro di Pordenone.
Cinque anni fa l’uomo si era presentato in negozio con un’intenzione apparentemente nobile: cambiare la sua collana d’oro con un bracciale e degli orecchini da regalare alla moglie. Era stato ricevuto dalla figlia della titolare, che aveva esaminato con cura il monile, individuando il marchio identificativo e il tipo di lega 750. Aveva sottoposto questo presunto prezioso a dei test con alcuni prodotti chimici, che avevano dato un risultato positivo: la collana era d’oro, almeno fino a prova contraria. Trenta grammi di materia prima per 780 euro di valore.
Ce n’è abbastanza per contraccambiare con un bracciale da 590 e due orecchini da 160. Mancherebbe la differenza di 30 euro, ma arriva in contanti. La brutta sorpresa dopo poche ore, quando un lavoro con la fresa permetterà di verificare che quello non è oro, ma acciaio. In passato, questo napoletano aveva tentato la stessa truffa in un’oreficeria di Cortina, dove un negoziante evidentemente più smaliziato non solo non aveva accettato lo scambio, dopo aver visionato le finiture, ma si era preoccupato di avvertire le forze di polizia, sospettando che potesse trattarsi di una truffa.
Ad Auronzo, la donna ha avuto almeno l’accortezza di prendere nota dei dati del cliente; e il resto l’hanno fatto le telecamere della videosorveglianza dei due negozi visitati.
Di Noia è finito a processo e il dibattimento si è concluso ieri mattina con la discussione.
Il pubblico ministero ha chiesto la condanna dell’imputato e l’ha ottenuta dal giudice: un anno e tre mesi e 800 euro di multa. (g.s.)
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