Ioves, non più solo occhiali
Una stalla, una latteria e un bar per supportare l'attività

Una veduta della IOVES di Lozzo; nelle altre immagini, Prosdocimo Costan e una veduta del negozio di occhiali al Boton d’oro
LOZZO.
Quando l'occhialeria non basta più a garantire un futuro sicuro, bisogna guardarsi intorno ed andare alla ricerca di qualcosa di nuovo, che può avere però anche le radici nel passato. E' quanto si è detto (ed ha fatto) Prosdocimo Costan di San Nicolò di Comelico, «insieme ad un gruppo di persone», come ci tiene a sottolineare, «che, credendo in questo progetto, ha deciso di investire ed impegnarsi nella "missione" di far vivere la vera montagna per tutti i dodici mesi dell'anno». E' titolare con i fratelli Rodolfo e Dario della I.O.V.E.S. di Lozzo di Cadore (acronimo di Industria Occhiali Vista e Sole), azienda fondata dal padre e dallo zio nel 1950, una delle prime realtà produttive dell'occhialeria cadorina nel dopoguerra. Con la sua famiglia ha deciso successivamente di aprire anche una stalla a Costalissoio, la Lataria a Santo Stefano (vendita diretta di prodotti caseari) e il Boton d'oro a Cima Gogna (bar, ristorante e altro). Un gruppo composito e diversificato, come si vede. «Avendo sei figli, tra i ventidue e i dieci anni, è anche giusto pensare al futuro», spiega Costan mentre ci avventuriamo di primo mattino verso la stalla, «l'allevamento rappresenta il recupero delle tradizioni, un modo di vita che per noi da ragazzi era normale e che è importante fare riscoprire anche ai nostri figli. Qui abbiamo 26 mucche e produciamo 4 quintali di latte al giorno». Latte che non viene però conferito a qualche consorzio di pianura, ma utilizzato per produrre in proprio il formaggio. Il casaro, che ci saluta mentre ritira il latte dalla stalla, lo ritroveremo, infatti, alla fine del nostro giro lungo il perimetro aziendale dei Costan, ovvero a Cima Gogna, crocevia strategico che unisce il Centro Cadore ad Auronzo, Misurina e alle Tre Cime, da un lato; al Comelico e alla vicina Pusteria, o a Sappada, dall'altro. E' lì che il formaggio viene prodotto, in un locale adiacente al bar, al ristorante, al negozio in cui gli stessi formaggi vengono venduti ed a quello dove si vendono invece gli occhiali. Realtà diverse che compongono, come in un puzzle, questo ambiente veramente unico, realizzato in legno e pietra. Così capita che mentre ci si prova un paio di occhiali, al di là del vetro si possa anche vedere come si fa il formaggio. E' tutto questo che rende unico il Boton d'oro, un luogo in cui si intrecciano e si fondono nei diversi ambiti (ristorante, pub, wine bar, laboratorio artigianale di formaggi e negozio di ottica) le tradizioni del posto. «Abbiamo deciso di concentrare qui tutti i nostri prodotti», spiega Prosdocimo, «una specie di vetrina di tutto quello che facciamo, collocata in una bella posizione e che confidiamo possa avere un sempre maggiore successo». Il cuore del gruppo rimane comunque l'occhialeria: la I.O.V.E.S. con sede a Lozzo di Cadore (fino al 1994 l'azienda risiedeva invece a Campitello di San Nicolò di Comelico) fattura 5 milioni, ha una trentina di dipendenti, ha affrontato la crisi del settore senza ricorrere nel 2010 alla cassa integrazione, anche se rispetto agli anni d'oro le attività si sono contratte. «Oggi», spiega Costan, «il portafoglio ordini si è ridotto ad un mese, rispetto ai 3 o 4 di una volta; la vita del prodotto è sempre più breve, insomma si naviga a vista. Noi produciamo per due marchi forti come Renato Balestra e Gattinoni, oltre al nostro West, ed abbiamo un catalogo di oltre 500 prodotti sia in acetato che in metallo. Vendiamo direttamente ai negozi o tramite distributori, in Italia, nella comunità europea, negli Usa e in Medio Oriente». Dalle rimanenti attività, la stalla aperta nel 1999, la Lataria di Santo Stefano nel 2001 e il Boton d'Oro nel 2008, scaturisce un altro milione di euro di fatturato annuo. «E poi soprattutto una gran bella soddisfazione, che nasce dal radicamento nel nostro territorio. Ci diamo da fare, insomma», conclude, «per evitare che la nostra terra si spopoli. I miei ragazzi più grandi studiano all'Università a Milano, ma mi piacerebbe che poi tornassero a lavorare qui da noi. Ecco, con le nostre attività prepariamo il terreno perché i giovani possano costruirsi un futuro quassù».
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