In mostra Alberto Savi, l'artista della «nobiltà proletaria»

Un’opera di Alberto Savi
Un’opera di Alberto Savi
 AURONZO DI CADORE.
Pugili sull'orlo del fuori combattimento, contadini che sembrano quelli del Verga, muratori che costruiscono tante case ma mai la loro, musicisti alle prese con i loro strumenti: sono questi i temi prediletti da Alberto Savi, pittore certo, ma anche ingegnere e direttore della fotografia, spentosi dopo lunga malattia nel 2001. Qualcuno lo definì l'artista della nobiltà proletaria, della dignità del lavoro, dei vinti mai domi. E sicuramente non si può non cogliere nelle sue figure veriste un profondo rispetto per la durezza del lavoro e della vita. Nato a Roma nel 1920, Savi avverte precocemente la vocazione artistica, ma il destino lo vuole ingegnere civile e gli assegna un lavoro all'Istituto geografico militare: la svolta avviene a Milano nel 1953, quando egli approda alla Rai come direttore della fotografia. La consacrazione definitiva verrà solo postuma, con la grande mostra del 2007 a Spoleto, intitolata "Passaggi 1954-1996". E proprio la curatrice Martina Corgnati dice di Savi: «I suoi quadri hanno pennellate forti, incisive e contorni duri, ma che a mio avviso definire espressionismo è improprio in virtù dell'attenzione all'insieme e alla forma che Alberto Savi mantiene sempre, senza lasciarsi fuorviare da un impulso improvviso, un'emergenza emotiva, uno scatto o altro».  Un pittore che parla un linguaggio forte, ma che denota un carattere modesto, che preferisce la speranza all'odio.  La mostra retrospettiva di Alberto Savi sarà inaugurata nella sala esposizioni del municipio di Auronzo domenica prossima alle 18 con la presentazione di Moni Ovadia, che col pittore ebbe un'assidua frequentazione, e rimarrà aperta fino al 18 agosto con orario 10-12.30 e 16-19.30. (w.m. - g.d.d.)

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