In Cadore la montagna è dolce per Condorelli, il re dei torroncini

DOMEGGE. Condorelli trova dolce il Cadore. In attesa dello sprint verso le feste natalizie, che ovviamente rappresentano il periodo clou per la sua azienda dolciaria, Giuseppe Condorelli, amministratore unico della “fabbrica dei torroncini”, ha trascorso anche quest'anno, infatti, qualche giorno a Domegge di Cadore. «E' ormai una piacevole tradizione fin dal 2005. Come ho conosciuto queste belle vallate? Grazie ai miei suoceri che qualche anno fa», ci dice mentre prendiamo un caffè al Tiziano di Pieve, «di ritorno da un viaggio all'estero sono capitati da queste parti e se ne sono innamorati, tanto da acquistare su due piedi una casa».
Ed è così che l'erede del vavalier Condorelli, reso famoso dalla pubblicità televisiva di Leo Gullotta, di anno in anno raggiunge il Cadore e trascorre una o due settimane in pieno relax. «Un vero paradiso, tanto che mia figlia un giorno mi ha chiesto: ma perché dobbiamo tornare a casa? Io sto bene qui».
La casa e l'azienda di Giuseppe Condorelli si trovano a Belpasso, alle pendici dell'Etna, a ben 1.300 km da Domegge. Quarantasei anni, sposato e padre di due bambini, è l'erede del cavalier Francesco, nato il 31 marzo del 1912, fondatore dell'azienda e morto all'età di 91 anni. «Un vero pioniere», ricorda, «rimasto orfano ad appena 16 anni e capace di creare un'impresa da un'idea. Già garzone di pasticceria e poi pasticcere con un suo negozio, che è ancora oggi la nostra principale vetrina, un giorno a Venaria Reale, in Piemonte, rimase colpito dalla difficoltà di tagliare una stecca di torrone. Così nacque l'idea del torrone morbido e monodose, successivamente ricoperto anche di cioccolato. Un successo, che poi divenne nazionale grazie alla televisione».
Come andò?
«Mio padre era molto amico di Pippo Baudo, catanese come lui, che un giorno lo chiamò e gli disse di raggiungerlo subito a Roma. Giunto nella capitale, papà si sentì fare una proposta che aveva dell'incredibile: in pratica Baudo lo voleva sponsor della sua “Domenica In” insieme alla Fiat, che all'epoca lanciava la Uno. Un investimento di 360 milioni di lire (eravamo nel 1983) per dieci puntate della più famosa trasmissione della Rai; considerato che fatturavamo poco meno di due miliardi, si capisce che il rischio era forte. Tanto che mio padre, dopo aver detto sì all'amico , tornò a casa senza sapere come confessarlo a noi. Ma la mossa si rivelò azzeccata e la produzione fece un salto in alto».
Da lì il successo, sancito anche dalla successive campagne televisive firmate dall'attore Leo Gullotta, altro amico siciliano. «Oggi siamo una bella realtà, con 49 addetti, a cui se ne aggiungono una cinquantina nel periodo settembre-dicembre, quando raggiungiamo il picco della produzione. Il nostro fatturato si attesta sui 15 milioni, di cui almeno la metà deriva dai torroncini».
E la montagna?
«È una vera passione, che condivido con mia moglie Serena e con i nostri figli Vittoria, di 8 anni, Francesco di 7. Voi qui avete posti bellissimi, dalle Tre Cime di Lavaredo ai laghi di Misurina e Auronzo, da Cortina a Santo Stefano a Sappada. Facciamo escursioni e passeggiate, con tappa fissa nei parchi giochi, che sono presenti e ben curati. Davvero una paradiso per le famiglie, ideale poi per uno come me che viaggia moltissimo per lavoro e cerca un po' di relax».
@vietinas
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi