In 500 a piedi da Cima Sappada fino alla basilica di Maria Luggau

È partita alle 3 di stanotte l’edizione 213 del faticoso pellegrinaggio insieme ai fedeli del Friuli Don Molaro: «Pregheremo il Signore anche perchè rigeneri le risorse naturale, l’acqua in primis»
SAPPADA. A piedi da Cima Sappada fino a Maria Luggau. In 500 sono partiti alle 3 di stamani, saliranno gli ultimi tornanti della Val Sesis e raggiungeranno le sorgenti del Piave, ai piedi del Peralba. E da lì si inerpicheranno verso il rifugio Calvi, il passo, e poi giù, lungo la valle che porta a Luggau. Arriveranno oggi alle 14.


“Padre nostro… dacci oggi la nostra acqua quotidiana", pregheranno alle sorgenti del fiume sacro. «In effetti le sorgenti si stanno inaridendo e la siccità, sulle terre alte, come in pianura, si fa sentire pesantemente», ammette don Michele Molaro, parroco di Sappada, «durante il pellegrinaggio pregheremo anche perché il Signore, per intercessione della nostra, cara protettrice di Luggau, non ci faccia mancare le indispensabili risorse naturali. Anzi, perché provveda alla loro rigenerazione, se mancano queste risorse di vita».


Stiamo parlando, infatti, del tradizionale itinerario mariano che si tiene ogni anno, il terzo fine settimana di settembre. Ieri sera sono arrivati i pellegrini della Val Tagliamento, in Friuli. Siamo all’edizione 213 di questo annuale saliscendi di 1400 metri di dislivello.


Tanti devoti arrivano anche da Belluno, Treviso, Rovigo, da altre parti d’Italia, perfino da Ancona. Il pellegrinaggio è un rito che fa parte del dna non solo religioso ma complessivamente identitario di questa comunità di lingua germanofona. Un rito, dunque, che è sì eminentemente spirituale, ma anche civile.


«Si partirà alle 3, con qualunque tempo, l’anno scorso sotto la pioggia battente, e in processione cammineremo per due ore, pregando e cantando davanti al Crocifisso», ha detto ieri don Molaro, «dietro bambini e anziani, tante famiglie intere, rappresentanti di associazionismo e volontariato».


Sulle prime rampe verso il Peralba, là dove è salito anche San Karol Wojtyla, il primo incontro sarà con le marmotte.


Al rifugio Calvi la prima sosta, per un brodo caldo o un thè. Quindi sù, ai 2 mila metri del passo, sul confine con l’Austria. Poco più avanti ci sono le ex caserme della Finanza, che al tempo della frontiera chiusa controllavano ogni persona, anche il pellegrino. Il corteo dei devoti, però, scenderà verso valle, dove farà un altro ristoro al rifugio austriaco Hochweisssteinhütte. Verso le 9.30, sosta alla malga Ingrid Hütte, dove da qualche anno avviene la consegna della croce ai giovani. Di nuovo corteo processionale fino alla panoramica chiesetta di Frohn, dove don Michele e don Pietro concelebreranno la messa. Poi ancora discesa, in ordine sparso, fino a Sterzen, dove si ricompone la processione per la preghiera e si procede fino all’arrivo a Maria Luggau, verso le 14.30.


Incontro con il priore del Convento e preghiera in Basilica. L’accoglienza è quanto di più festoso si possa immaginare, con le campane che riempiono la valle dei loro rintocchi come fosse Pasqua.


Nel pomeriggio, tutti a confessarsi e, prima della cena, l’adorazione del Santissimo con la comunità di Maria Luggau. Domattina messa solenne, accompagnata dai canti più caratteristici di Plodn, come nell’idioma locale si chiama Sappada.


Alle 9 la ripartenza, ma non sarà una corsa verso casa. Anche perché la salita di ritorno è più pesante. Al bivio tra il rifugio Sorgenti del Piave ed il Calvi, la comunità pellegrinante si ricomporrà in processione. Dalle 16.30 e per tre ore si pregherà e si canterà, scendendo lungo i tornanti della Val Sesis e pellegrinando tra le cappelline delle borgate di Sappada antica. Davanti a ognuna di queste chiesette si sosterà per ascoltare le campane ed innalzare le ultime preghiere. Nell’Arcipretale, invece, la conclusione del pellegrinaggio, al doveroso canto del “Te Deum”. Ma non è finita. I friulani di Sauris, Ampezzo, Socchieve, Forni di Sopra, avranno altri due giorni di fatica, alleggerita dalla preghiera e dalle melodie friulane.


Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi