Il ristoro La Stua sopra Alleghe distrutto nella notte dalle fiamme

ALLEGHE. Un corto circuito. Questa, almeno, è la causa ipotizzata dalla proprietà dell’immobile, il rifugio La Stua, meta di riferimento di sciatori e snowborder nel comprensorio del Civetta, andato completamente distrutto la scorsa notte a seguito di un incendio.
Un danno quantificabile in circa «un milione e 200 mila euro», la sconsolata ammissione di Sergio Pra, presidente di Alleghe Funivie, la società proprietaria del rifugio. La struttura, interamente in legno, era un piccolo gioiello, si erano conclusi da poche settimane i lavori per la nuova terrazza e al suo interno il gestore (un alleghese, ndr) aveva già portato materiale e scorte per la stagione sciistica. L’apertura era prevista per fine novembre».
Ad accorgersi del disastro un tecnico di Alleghe Funivie, che ieri pomeriggio, verso le 16, stava effettuando un sopralluogo con il gatto delle nevi, per valutare l’innevamento delle piste. «Ha trovato solo le macerie del rifugio. Cosa è successo? Non lo sappiamo», prosegue Pra subito dopo aver presentato una deposizione ai carabinieri di Caprile. «Si presume che le fiamme siano state originate da un corto circuito. A 1700 metri di quota e con quelle condizioni meteo è difficile ipotizzare altro. Giovedì si era recato sul posto un nostro tecnico per effettuare alcune manutenzioni ordinarie. Purtroppo il rifugio è costruito all’interno di una conca, dal paese nessuna ha potuto vedere le fiamme».
Della struttura, come detto, è rimasta praticamente solo una catasta di legno. «Era una struttura solida, robusta, ma interamente in legno, costruita anche con pezzi di vecchi fienili. Era l’unico rifugio di proprietà di Alleghe Funivie, che lo dava in gestione per la stagione sciistica. Un danno notevole non solo in termini economici, anche se la società ha perso un immobile di grande valore, ma anche di servizi: è sempre stato un punto di riferimento per gli sciatori. Cosa faremo? Sicuramente non possiamo ricostruirlo per la stagione ormai alle porte».
Marco Ceci
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