Il camion travolto e l’autista si salva: «Sono miracolato questione di attimi»
Marco Nadai ricostruisce l’incidente di venerdì pomeriggio. «Mi sono buttato oltre il guard rail: è stata la mia salvezza»

TISOI. Marco Nadai ha gli occhi del sopravvissuto. Anzi, a guardarlo meglio, del miracolato. Venerdì pomeriggio il titolare della Società agricola Menin di Tisoi si è salvato da un terribile incidente stradale sull’A27. Da vecchio rugbysta, ha placcato la vita con un gran salto e ieri mattina è tornato al lavoro con qualche graffio sul braccio destro e una botta a una caviglia. Tanto spavento e danni molto pesanti al suo camion e ai funghi che stava trasportando nel Trevigiano. Ma si va avanti.

Nadai, ci racconta cosa e come è successo?
«Premetto che abbiamo la produzione qui a Tisoi, ma il magazzino è a Villorba e facciamo l’A27 tutti i giorni. Venerdì ho dato il cambio a un autista e, verso le 14.20, stavo viaggiando in direzione sud. Dopo Conegliano, buco e mi si squarcia la gomma, di conseguenza rallento e accosto a destra nella corsia di emergenza. Indosso il giubbotto catarinfrangente, accendo le quattro frecce e piazzo due triangoli. Sono nel territorio di Mareno di Piave».
Tutto quello che serve. La scelta benedetta di non cambiare la gomma da solo e di chiedere aiuto?
«Non c’è molto traffico, di solito, ma in quel momento era abbastanza intenso e decido di chiamare il soccorso con la colonnina Sos. Chiedo aiuto, perché temevo di essere investito e non in grado di fare le cose in sicurezza. Passa un quarto d’ora, nel frattempo preparo tutto e mi sistemo sul guard rail davanti al camion. Ogni tanto mi sporgo, per verificare se sta arrivando il mezzo di soccorso, ma senza rischiare nulla».
Ma non è il mezzo di assistenza quello che arriva. Cosa vede?
«Vedo arrivare un tir a tutta velocità, che invece di percorrere il semicurvone sulla prima corsia ha già le ruote sulla corsia di emergenza. È a un centinaio di metri da me e non accenna a riprendere la direzione giusta».
Fortuna? Istinto di sopravvivenza?
«Nel giro di due secondi, butto via l’auricolare, mi giro, faccio due passi e mi butto oltre il guard rail. Mentre mi sto tuffando, sento una gran botta: il camionista si accorge del fatto che mi sta venendo addosso e, all’ultimo momento, cerca di sterzare con la motrice, ma aggancia lo stesso la cella frigorifera del mio camion, che pur con il freno a mano tirato e a pieno carico viene sbalzato in avanti di cinque metri. Io ero davanti e, mentre salto, sento con la scarpa antinfortunistica il deflettore dell’aria del mio camion che mi ha urta la gamba. Due secondi prima, sarei finito sotto il mezzo pesante e avrei perso la vita. Invece finisco nella scarpata e rotolo per sei o sette metri in mezzo a un vigneto».

La piacevole scoperta di essere ancora vivo?
«È stato un caso che mi sia alzato dal guard rail. Se non mi fossi sporto a dare un’occhiata, non sarei qui a raccontarle quello che è successo. L’ho scampata solo per una questione di pochi istanti».
Che sensazioni prova il giorno dopo?
«Mi sento miracolato. Penso che qualcuno abbia guardato giù. Sono tornato subito al lavoro e ho ripreso le mie normali occupazioni, ma non posso non ripensare a quello che mi è capitato e apprezzare ancora di più la vita. Mi è andata benissimo».
Cosa può aver causato lo schianto?
«L’ho detto alla polizia, ma saranno gli accertamenti degli agenti a confermarlo. L’autista stava telefonando o ricevendo una chiamata e questo l’ha distratto. Io avevo otto tonnellate di merce nella cella, che sono finite sulla strada e lui si è fermato circa duecento metri più avanti. Procedeva a 80 chilometri orari, la velocità di crociera e non è riuscito frenare».
Illeso l’autista del grosso camion. Cosa vi siete detti?
«Un ragazzo straniero di 25 anni, che lavora per la distribuzione della Conad. Mi ha detto che c’era una macchina e ha cercato di evitarla, ma non è sicuramente così. Non l’ho visto sotto shock, ma più che altro preoccupato per il destino della sua patente. Siamo stati lì tre ore e mezza, tra i rilievi e altro»
Che danno ha subìto?
«Al 99 per cento, il camion è da rottamare, tra cella, cabina e telaio. Un modello nuovo costa 82 mila euro. E la merce non è recuperabile. Per tre quarti, è finita sull’asfalto e il resto è rimasto nella cella, ma danneggiato. Stiamo parlando di una decina di migliaia di euro. Ma niente può valere più della vita». —
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