Belluno, la Corte dei Conti: «Sportivamente non poteva fare da “cassa” alla Nis»

Le motivazioni della sentenza di secondo grado che conferma le condanne per danno erariale a Prade, Martire e Benvegnùs

Alessia Forzin
Arriva la sentenza della Corte dei Conti secondo cui Sportivamente non poteva fare da “cassa” alla Nis
Arriva la sentenza della Corte dei Conti secondo cui Sportivamente non poteva fare da “cassa” alla Nis

Sportivamente Belluno non poteva essere usata come “cassa” per risanare la Nis. L’interscambio finanziario fra le due società, per finanziare le spese correnti della Nuovi Impianti Sportivi che era in condizioni di perdita strutturale, era una procedura che non si poteva fare.

Né era stata autorizzata dal consiglio comunale, «unico organo competente in materia di partecipazioni societarie», rilevano i giudici della Corte dei Conti di Roma, nella sentenza di condanna per danno erariale dell’ex sindaco Antonio Prade, l’ex assessore al bilancio Tiziana Martire e gli ex amministratori di Nis e Sportivamente Belluno, Pio Paolo Benvegnù e Patrick Da Pos.

I primi tre sono stati condannati a titolo di dolo in solido tra loro a pagare una somma che è stata ridotta del 20% rispetto alla sentenza di primo grado: 324.259,27 euro. Da Pos invece è stato condannato a risarcire il danno in via sussidiaria, a titolo di colpa grave, nel limite del 10%.

La sentenza è stata depositata il 4 settembre. Ora il Comune dovrà fare una comunicazione agli interessati con la richiesta di pagamento. Qualora le somme non vengano pagate, la via obbligata è effettuare la procedura di esecuzione.

Interscambio vietato

Dopo la prima sentenza di condanna, Prade, Martire, Benvegnù e Da Pos avevano fatto appello, lamentando il difetto di giurisdizione e chiedendo la prescrizione del danno, l’assoluzione e la riduzione del risarcimento e delle spese. I magistrati hanno respinto i ricorsi, evidenziando in primis che «per il risanamento» di Nis «nessuno avrebbe potuto usare l’interscambio, così rendendo una delle due società “cassa” per l’altra. L’oggetto sociale inoltre non lo prevedeva».

Le società non potevano scambiarsi denaro: «Non era lecito finanziare con le risorse di una società in house in condizioni di solidità finanziaria le attività, di natura corrente, di una società del Comune in condizioni di perdita strutturale, che lo stesso Comune per legge non poteva più sovvenzionare come in passato».

Il difetto di giurisdizione

Cassato il lamentato difetto di giurisdizione. Le società partecipate sono «articolazioni dell’ente pubblico» e «il pregiudizio al patrimonio della società costituisce in ultimo danno al patrimonio dell’ente pubblico titolare della partecipazione».

Inoltre «spetta alla Corte dei conti la verifica della compatibilità delle scelte operate dalla pubblica amministrazione» e alla loro legittimità, «che nel caso di specie è venuta meno», scrivono i giudici, perché «sono risultate confliggenti con specifici precetti normativi».

Ovvero: mancava un atto di indirizzo del consiglio comunale che autorizzasse l’operazione di interscambio (non bastava la delibera dell’assemblea dei soci di Sb del 5 giugno 2010, cui partecipò Martire senza però apposita delega del sindaco Prade); il soccorso finanziario è vietato.

La prescrizione

Cassata la richiesta di prescrizione, «che decorre da quando il diritto può essere fatto valere» e, quindi, da quando il fallimento di Nis ha impedito a Sportivamente di recuperare i soldi che aveva girato alla società sorella. La scissione che ha portato alla nascita di Sb venne decisa nel 2010.

Il fallimento di Nis

A proposito del fallimento del Nis: è stato «una procedura obbligata», si legge nella sentenza, perché dai bilanci societari emergevano «situazioni conclamate di illiquidità».

Prade, Martire e Benvegnù hanno sostenuto che il danno non si sarebbe verificato se la successiva amministrazione non avesse fatto fallire la Nis. Ma Nis, scrivono i giudici, nel bilancio chiuso al 31 maggio 2011 aveva una perdita di oltre 571 mila euro, con un patrimonio netto di 188.840, il capitale sociale ridotto di un terzo.

«Già a quell’epoca si erano poste le condizioni (assenza di liquidità, necessità di contribuzione esterna) che hanno poi portato alla sua liquidazione e al successivo ricorso per la dichiarazione di fallimento», basato «sul peggioramento oggettivo dei dati contabili». «La sopravvivenza della società» avveniva solo grazie al ripiano perdite fatto dal Comune e da vari enti territoriali, ma la sopravvivenza di Nis era «artificiale».

«Non potevano non sapere»

I giudici rilevano inoltre che il consiglio comunale non aveva mai autorizzato l’interscambio finanziario, per il quale serviva un’apposita delibera (non bastava aver approvato il bilancio chiuso al 31 maggio 2011 di Nis). Gli uffici comunali avevano inviato segnalazioni sui problemi di Nis, e gli amministratori «non potevano non sapere».

In particolare, l’allora sindaco Prade e l’allora assessore Martire dovevano essere consapevoli per la loro esperienza anche professionale, secondi i giudici, che «l’operazione di interscambio contrastava con gli indirizzi assunti dal consiglio comunale e con il divieto di soccorso finanziario, era stata decisa con una mera deliberazione societaria di Sportivamente Belluno, in difetto di rappresentanza del socio unico, e mai deliberata dalla Nis, a dimostrazione del fatto che era stata pensata fin dall’inizio come unilaterale»; che la Nis presentava perdite da anni e che difficilmente avrebbe potuto restituire i prestiti ricevuti da Sportivamente.

«Gli appellanti conoscevano e hanno accettato il rischio che i finanziamenti derivanti dall’interscambio non fossero mai restituiti» da Nis, «con conseguente pregiudizio al patrimonio di Sb».

A Patrick Da Pos viene contestata la colpa grave, perché, da successore di Benvegnù, acconsentì a ulteriori finanziamenti da parte di Sb a Nis (solo fino a giugno 2012).

Responsabilità diffusa

Le uniche tesi accolte dalla Corte dei Conti sono quelle della “responsabilità diffusa”, ovvero che il danno a Sportivamente sia stato causato anche da altri soggetti, non citati in giudizio (organi di controllo, collegio dei revisori che non risulta abbia fatto avvertimenti o censure tempestive, il direttore generale del Comune, che risulta non aver dato riscontro alla nota prodotta dal dirigente del settore economico finanziario del 15 luglio 2011). In virtù di questo, la somma da risarcire è stata ridotta del 20 per cento, ma la condanna resta. Spese compensate.

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