I militanti veneti a Bergamo: "Siamo noi la Lega pulita"

BERGAMO. Piove e fa freddo, nella notte in cui la Lega tenta una resurrezione alla quale non tutti credono. Nemmeno qui, alla Fiera di Bergamo – Bèrghem, tra striscioni che invocano trasparenza e scope di saggina dipinte di verde. Il movimento delle scope nasce ora e il suo leader è Roberto Maroni. «Gli euro della Lega alle sezioni. E in Tanzania mandiamoci i ladroni», è lo striscione più accogliente. Alla Fiera Nuova sono davvero in tanti, scesi dalla valli bresciane e dai laghi varesini, a mostrare la rabbia e l’orgoglio di un movimento che riesce ancora a mobilitare migliaia di persone in poche ore da tutto il Nord. Moltissimi i veneti, che si sono organizzati per territorio lasciando fuori le segreterie ma a Bergamo ci sono arrivati prestissimo.
Dal Veneto, l’appuntamento è nel tardo pomeriggio al parcheggio del cimitero di San Martino di Lupari (dove la Lega raccoglie il 57% dei consensi e persino i passaggi pedonali sono dipinti di verde): i maroniani dell’Alta Padovana si sono dati appuntamento qui capitanati dall’assessore regionale Maurizio Conte e la presidente del consiglio provinciale di Padova Luisa Serato. Alla partenza prevale la rabbia al ragionamento: «Non ci bastano le dimissioni, vogliamo l’espulsione di chi ha usato il movimento», afferma la Serato «la base reclama partecipazione, da due anni e mezzo siamo commissariati, da anni non si svolge un congresso, il triumvirato va bene per l’emergenza, ma adesso serve un leader, io credo che Maroni possa farlo egregiamente».
La rabbia corre lungo tutta l’autostrada Serenissima e si sfoga solo dentro al padiglione della fiera, nell’attesa dell’intervento di Roberto Maroni, applauditissimo. «La delusione più grande è sapere che persino al vertice c’era chi ne approfittava», il commento ricorrente sul pullman. «Va fatta luce completamente, senza sconti per nessuno, qualunque cognome porti», aggiunge Massimo Bordignon, il segretario della sezione di San Martino «aspettiamo di vedere come vanno a finire le inchieste ma il segnale di rinnovamento va dato subito». «Adesso dobbiamo salvare il salvabile», fa eco Massimo Gennaro, candidato a Cittadella «non è giusto che per gli errori di pochi dobbiamo pagare tutti. È importante fare chiarezza e costruire una nuova classe dirigente. Nel Veneto bisogna ripartire da Flavio Tosi».
C’è tutto lo stato maggiore. Da Gianpaolo Gobbo, segretario della Liga veneta, al governatore Luca Zaia; dal capogruppo alla Camera Gian Paolo Dozzo al presidente della Provincia di Treviso Leonardo Muraro. Fino ai parlamentari Vallardi, Goisis, Vaccari. E poi Franco Manzato, che arriva con Toni Da Re e Giampiero Possamai, Federico Caner, Massimo Finozzi. Ma c’è soprattutto il “popolo padano” della Valbelluna e della Sinistra Piave, del Veneto orientale e della Riviera del Brenta, della Pedemontana trevigiana e dell’Alta Padovana. Insomma, uno spaccato vero delle nostre terre. Più arrabbiati e vivi che mai. Perché c’era bisogno di questa serata, per esorcizzare il male e tornare a sperare.
Come spiega Luca Baggio, consigliere regionale vicinissimo a Tosi (che non c’è, trattenuto da impegni elettorali): «Da Bergamo esce un grande messaggio di speranza, la voglia di ripartire dai valori tradizionali del nostro movimento, dalla base che reclama i congressi per contribuire a decidere, che è stata di decisioni prese dall’alto. Il ritorno alle origini che può fare solo bene: onestà, trasparenza, federalismo».
Aggiunge Mario Sabbadin, 49 anni: «C’è un gran desiderio di cambiamento. Tutti quelli implicati in questi scandali facciano un passo indietro. Noi abbiamo sempre detto di essere diversi dagli altri partiti: bene, è l’occasione per dimostrarlo. E poi facciamo congressi veri, dove ci si confronta e alla fine si decide a maggioranza. E basta con l’occupazione delle poltrone: un incarico basta e avanza. Così dappertutto, due mandati sono sufficienti». Che il tema della “casta padana” sia avvertito in è abbastanza evidente: «Stiamo scrivendo, insieme ad altri amici, un codice etico per gli amministratori leghisti: il primo punto sarà che se vuoi fare il militante leghista devi avere un mestiere e un reddito, non vivere di politica», fa sapere Bepi Covre, primo sindaco leghista del Trevigiano, nel 1993, definito l’eretico per aver mandato a quel paese il Senatùr in tempi non sospetti «bisogna tornare agli albori, altrimenti la settimana di passione che abbiamo appena attraversato sarà stata inutile. Siamo tra il De profundis e il Te Deum: possiamo ancora farcela, ma dobbiamo avere il coraggio di tifare per la magistratura, che ci aiuti a fare pulizia».
Ha mollato un po’ prima il lavoro per esserci Mosé Battaglia, 32 anni, riparatore trevigiano di Riese Pio X: «Sono venuto perché deve succedere i l cambiamento, basta con le candidature uniche, con le elezioni per acclamazioni. Sono militante da 6 anni e la prima volta che ho votato davvero è stato al congresso provinciale di Treviso».
È il momento di Roberto Maroni, che sale sul palco e scandisce: «La nuova Lega riparte da qui», tra un tripudio di bandiere e di scope. Bossi, malconcio, benedice: il popolo padano, ora, ha un nuovo Capo. Infallibile.
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