I medici non bastano e arrivano i carabinieri per un paziente agitato

Per la Cassazione è inammissibile il ricorso di un bellunese La condanna resta e ci sono spese e cassa delle ammende



I carabinieri in Pronto soccorso. I militari erano stati chiamati dai medici, con una telefonata al 112, perché questi faticavano a contenere la rabbia di Simone Vabba. L’uomo voleva a tutti i costi avere un colloquio con la fidanzata, malgrado lei non ne volesse assolutamente sapere di vederlo e sentirlo. Imputato di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, Vabba era stato condannato in primo grado dal Tribunale di Belluno e in Appello la pena era scesa a cinque mesi e 10 giorni soltanto per la resistenza a pubblico ufficiale.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione per tutta una serie di motivi, ma non solo gli è stato respinto: dovrà anche pagare le spese processuali e tremila euro in favore della cassa delle ammende. Sia Vabba che la ragazza frequentavano il Sert, cioè il servizio per le tossicodipendenze. L’uomo voleva a tutti i costi parlare con lei, nonostante il suo netto rifiuto e si è arrabbiato a tal punto da costringere il personale sanitario a somministrargli dei calmanti, anche a tutela della donna e degli altri utenti della struttura ospedaliera. La mossa non è servita a tranquillizzarlo e allora è diventato necessario chiamare d’urgenza i carabinieri. Uno dei militari sarà minacciato e ci sarà anche la rottura di un vaso.

La difesa chiedeva l’annullamento della sentenza, perché i medici sono incaricati di un pubblico servizio solo quando stanno svolgendo attività medico-sanitaria e non risultava che fosse in corso attività terapeutica. In secondo luogo, la resistenza ai medici prima e ai carabinieri poi era stata giudicata in continuazione, cosa che andava contro la legge.

La suprema corte ha ritenuto inammissibile il ricorso. Vabba sapeva di avere a che fare con dei pubblici ufficiali, frequentando il servizio dell’Usl e di violazioni di legge non ce n’erano state da parte del giudice per le udienze preliminari e della Corte d’Appello di Venezia. La condanna rimane e ci sono anche dei soldi da pagare. —



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