Giallo di Cornuda, la Procura apre un fascicolo: c’è la pista del gioco erotico degenerato

Ipotesi di reato sia a carico del ventenne che del suo presunto aguzzino. Si indaga per tentato omicidio e lesioni personali aggravate
Filippi Cornuda aggressione in via Manzoni LA MAMMA DEL RAGAZZO AGGREDITO
Filippi Cornuda aggressione in via Manzoni LA MAMMA DEL RAGAZZO AGGREDITO

CORNUDA. Tentato omicidio e lesioni personali aggravate. Sono le accuse che la procura della Repubblica di Treviso ipotizza nel fascicolo aperto sulla vicenda di Cornuda, che vede al centro dell’indagine un 63enne del posto ed un giovane bellunese di 20 anni. Entrambi sono stati iscritti nel registro degli indagati, anche se si attende l’evolversi dell’inchiesta per definire ruoli e reati da contestare a ciascuno.

Quello che è avvenuto, tra mercoledì e venerdì nella mansarda di una palazzina a pochi passi dal centro di Cornuda, rimane ancora avvolto nel mistero. E per scioglierlo i carabinieri della compagnia di Montebelluna continuano a raccogliere informazioni sui due protagonisti della vicenda, in attesa di sentire il suono dell’altra campana, quella del 63enne. Ma per farlo bisognerà attendere che le condizioni fisiche glielo permettano.

Gli investigatori vogliono mettere a confronto la testimonianza del ventenne bellunese con quella del 63enne di Cornuda, prima di definire i contorni di una vicenda ancora piuttosto sfocati ma che col passare delle ore assumono sempre più tratti torbidi e delicati. La convinzione che si sta facendo largo è quella che nella vicenda non vi siano terze persone coinvolte.

Questo è il punto fermo dell’indagine. E in attesa dei riscontri dell’inchiesta, sono per il momento tre le ipotesi su cui gli investigatori stanno lavorando. La prima è quella fornita dal ragazzo nell’immediatezza dei fatti ai soccorritori. Il giovane ha detto di essere stato sequestrato dal 63enne, amico di famiglia, per due giorni, da mercoledì a venerdì e da lui violentato.

Lui, che già in passato aveva aiutato l’anziano e che quindi lo conosceva bene, s’era fermato mercoledì sera per riposarsi prima di proseguire il suo viaggio verso il mare come aveva preannunciato ai genitori. «Sono stato spogliato, immobilizzato con delle corde e cosparso di benzina. Voleva bruciarmi, ma venerdì sono riuscito a liberarmi e a scappare». Una versione di parte che però ha delle lacune da approfondire. I carabinieri volevano farlo già venerdì sera, dopo le dimissioni dall’ospedale di Montebelluna, ma il giovane ha preferito non parlare.

La seconda ipotesi, quella che potrebbe uscire dalla testimonianza del 63enne, è opposta. L’uomo, trovato con una profonda ferita alla testa, potrebbe a sua volta accusare il giovane di averlo aggredito, per motivi che per il momento non si conoscono.

Ma è sul rapporto tra i due che stanno scavando i carabinieri. Per questo, in attesa che i due protagonisti della vicenda decidano cosa dire davanti a carabinieri e magistratura, sono stati sentiti informalmente i vicini di casa e i genitori del ragazzo. Un rapporto di amicizia, quello stretto tra il 63enne e il giovane, da diversi mesi di cui erano al corrente anche i genitori.

Sulla “scena del crimine” ossia la mansarda dove è avvenuta l’aggressione i carabinieri hanno trovato tracce molto utili alle indagini. Sul pavimento erano stati riversati litri di benzina. Per terra c’erano corde e un blocchetto di marmo che con ogni probabilità è l’oggetto contundente usato dal ventenne di Belluno per liberarsi dal suo presunto sequestratore. 

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