«Educare alla legalità è diffondere la cultura dei valori civili»

BELLUNO
Dalle riflessioni dei rappresentanti della Consulta provinciale degli studenti su questo particolare momento storico, arriva un interessante spunto su cosa di buono si può cercare di far nascere dalla memoria di chi di mafia è morto. Le parole di questi ragazzi portano, infatti, a riflettere proprio sui valori che è bene promuovere per l’Italia di domani. Anche, e soprattutto, alla luce di una crisi senza precedenti.
«Voglio ricordare, perché la memoria costruisce il presente e progetta il futuro», scrive Laura Svaluto Moreolo, presidente della Consulta provinciale citando le storie di ragazzi altrettanto giovani e vittime di mafia, «solo alcune giovanissime vite strappate alle proprie famiglie travolte da una furia inspiegabile di terrore ed illegalità, la cui esistenza viene troncata solo perché si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato o perché desideravano la normalità in una società anormale, dove i valori giusto/sbagliato, legale/illegale vengono capovolti».
Tra i temi principali toccati dai ragazzi, c’è sicuramente l’educazione e il comportamento dei cittadini che vogliono definirsi tali: «Educare alla legalità significa diffondere un’autentica cultura dei valori civili», aggiunge la vicepresidente, Giana Drao, «una cultura che non consiste solo nell’osservanza delle leggi, ma in un insieme di idee e comportamenti che ha come scopo la realizzazione della dignità dell’uomo, dei diritti umani, dell’eguaglianza, della verità, della democrazia e della giustizia».
Mentre Giulia Busana ed Erik Bottacin parlano così dell’impegno chiesto ad ognuno di noi per poter cambiare la società nella quale viviamo: «L’immaginario collettivo ci porta ad avere un’idea distorta della realtà, infatti ci capita di pensare che i corrotti siano furbi, e non ammettiamo l’idea che un successo sia frutto di impegno e merito. Il cambiamento sostanziale che deve avvenire, parte appunto da questi primi concetti; ma ci sfugge la rilevanza che abbiamo tutti noi, il nostro ruolo di cittadini, poiché siamo noi per primi a dover cambiare le cose, se davvero lo vogliamo, e non illudiamoci: nessuno farà niente al nostro posto». —
F.R.
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