Ecco l'archivio segreto
Svelati gli elenchi delle "teste calde" del Risorgimento

Negli elenchi dei sorvegliati dalla polizia austriaca si trovano i moderati e i radicali, i nobili, i medici e i preti ma anche gli artigiani e i bottegai. I secondi vanno arrestati senza indugio, i primi basterà espellerli dal Lombardo-Veneto (si chiamava ancora così anche dopo il 1860, ma solo perché insieme alle province venete era rimasta anche Mantova), entrambi comunque vanno attentamente tenuti d'occhio. Sono le indicazioni del Luogotenente delle province venete Georg von Toggenburg al delegato provinciale Girolamo Alesani, riportate in uno dei documenti esposti nell'interessante mostra dell'Archivio di Stato di Belluno in via Santa Maria dei Battuti, inaugurata ieri in occasione dei 150 anni dell'unità d'Italia e della XIII "Settimana della cultura". Un contributo prezioso alla conoscenza del periodo tra 1860 e 1866, cioè tra la proclamazione del Regno d'Italia e l'annessione del Veneto. Si tratta di documenti in parte inediti che rivelano una "situazione più complessa di quanto raccontano gli stereotipi", ha detto ieri illustrando la mostra la nuova direttrice dell'Archivio di Stato, Claudia Salmini. "Un'epoca controversa, ieri come oggi", fatta anche di toni grigi e di sfumature, di realtà meno eroiche, di una diversa qualità dell'amministrazione rispetto a quanto tramandato dal mito risorgimentale. C'è insomma materia di seria riflessione, per chi lo voglia, in questa mostra che rimarrà aperta fino al 30 aprile. Nella prima sezione sono esposti documenti austriaci, soprattutto - ma non solo - le relazioni trimestrali (i "bollettini politico-amministrativi") che davano conto della situazione dell'ordine pubblico, dell'economia, delle condizioni della sanità, del contegno degli impiegati pubblici e dei preti. I commissari di distretto dovevano relazionare periodicamente al commissario superiore di polizia, questo alla delegazione provinciale, infine quest'ultima a Venezia. Ne esce uno spaccato articolato ed interessantissimo della situazione nei distretti (Fonzaso, Agordo, Feltre, Belluno, Pieve di Cadore, Longarone, Auronzo) in riferimento al clima generale, alla pubblica opinione, all'attività dei patrioti, ma anche alla complessità del controllo e della repressione. Gli elenchi venivano continuamente aggiornati ed erano sorvegliate non solo le più note teste calde, ma anche i molti che, accorsi nel biennio rivoluzionario'48-'49 alla difesa di Venezia e poi espatriati, erano rientrati dall'esilio. Molti i nomi noti del Risorgimento bellunese e delle patrie battaglie, ma altrettanti gli sconosciuti. In quegli elenchi finiscono, solo per citare qualche esempio, un "barbitonsore dedito all'abuso di bibite spiritose" (cioè alcoliche) oppure un "pescivendolo assai esaltato e capace di gettarsi nelle mene". Tutti da tenere sotto stretto controllo, raccomanda il Luogotenente, ma sapendo distinguere gli individui "notoriamente facinorosi e gravemente pericolosi", le persone "di imperituro e facinoroso carattere" le quali "per subite condanne e per mancanza di mezzi sono sempre pronte a promuovere disordini di ogni genere e tumulti" dalle altre che, "appartenenti a una classe più agiata ed elevata in società" hanno "educazione e punto d'onore". Questi ultimi agiscono sì "per avversione al governo, esaltamento politico e mire ambiziose" ma tuttavia "temono di compromettersi". Dunque i primi, che "agiscono arditamente in piazza" vanno arrestati per precauzione, gli altri, che invece "influiscono sui primi, consigliano e dirigono", non meno pericolosi ma che "rifuggono dal macchiarsi di azioni vili e disonoranti", vanno soltanto espulsi: si dia loro un passaporto temporaneo per Svizzera, Francia o Germania, purché non tornino a casa. Nel 1860 si dà conto del fermento e delle ripercussioni locali in seguito alla "rivoluzione in Sicilia", mentre sono abbondanti e curiose, in tutte le "trimestrali" - una consuetudine che, pur cambiati i regimi, continuerà anche nel Novecento - le notizie sull'andamento dell'industria e dei commerci, sui focolai di malattie infettive (vaiolo, varicella, morbillo, ravaglione), sui delitti comuni, sui morti per annegamento o per caduta dalle rupi, e così via. La seconda sezione è dedicata alla conquista dell'indipendenza nei singoli distretti nel 1866, e poi alla figura di Giuseppe Zanardelli, commissario del Re in quei pochi mesi della transizione veneta tra Austria e Italia. I regi commissari nelle nuove province del Regno sono uomini di altissima qualità. A segnalare l'importanza attribuita a Veneto e Friuli basterà citare Quintino Sella per Udine e, appunto, Zanardelli per Belluno, che sarà poi autore nell'80 del codice civile che resterà in vigore fino al 1942. Zanardelli si opporrà, fra l'altro, al disarmo immediato delle Bande armate perché "sarebbe sconveniente" ferire chi si è speso in prima persona ma anche perché il territorio cadorino confina con "il circolo di Bressanone, la patria di Andreas Hofer": e qui si fronteggiano dunque "i più fanatici austriaci e i più ardenti italiani". Anzi, Zanardelli chiede armi e divise per i garibaldini. "Pur in un contesto fortemente accentrato", avverte Claudia Salmini, "il margine di autonomia dei territori e il peso dei suggerimenti è altissimo", e le diverse opinioni vengono illustrate nei dovuti modi e nel rispetto reciproco. Uno stile, è da intendersi, e un'attitudine della pubblica amministrazione che possono insegnarci ancora parecchio. Tra i documenti da segnalare, una relazione sul celebre scontro di Treponti di Giuseppe Guarnieri, comandante delle Bande Armate venete, che propone una ricompensa militare per i suoi soldati, ed alcune suppliche presentate da eminenti patrioti, in stile sobrio e quasi imbarazzato, per ottenere un impiego pubblico in virtù del loro contributo alle battaglie risorgimentali. Il materiale in mostra è tratto da quanto è rimasto di quello che era un tempo il ricco archivio della Delegazione provinciale: dei 250 faldoni ne sono rimasti 12 (un metro lineare), e tuttavia significativi. Materiale più abbondante si trova all'Archivio di Stato di Venezia, ed è anche per questo che Claudia Salmini ha auspicato un progetto di ricerca su questo periodo, magari in vista dell'anniversario del 1866. Sul prezioso giacimento archivistico si è soffermato, durante l'inaugurazione della mostra, Eurigio Tonetti, direttore a Belluno fino a poche settimane fa, riepilogando i lavori (coordinati all'epoca da Claudio Pavone, per Belluno da Alberto Mario Rossi) pubblicati nel 1961 e nel 1968: repertori, inventari e sillogi di documenti importanti esistenti in diversi archivi. Una guida insostituibile che è oggi la base indispensabile per ogni ricerca sul periodo.
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