Dietro il dramma l’ombra della depressione

TREVISO.
Potrebbe esserci la depressione dietro la tragedia di Luciana Callegher, la poliziotta di quartiere che ieri pomeriggio si è sparata in faccia fuori dallo stadio Tenni. E’ la pista che stanno seguendo gli inquirenti coordinati dal sostituto procuratore Valeria Sanzari. All’interno di una tasca della divisa è stato ritrovato un bigliettino contenete alcune preghiere. Ma nessuna lettera che potesse spiegare il gesto è stata poi trovata.


Sono gli stessi colleghi della Callegher a ipotizzare questa pista. Confermata nel corso del pomeriggio anche dalla stessa sorella, giunta a Treviso da Sovramonte non appena è stata avvisata di quanto era accaduto. Nubile, senza figli, viveva assieme alla madre nel Comune del Bellunese. A Treviso da una decina d’anni era in servizio come poliziotta di quartiere. Ma nessuno in questura pensava che la situazione fosse tanto grave. «Era tormentata», ha detto una collega.


Forse - hanno ipotizzato altri colleghi - soffriva di depressione, forse era insoddisfatta del suo lavoro di poliziotta di quartiere.


Il questore Filippo Lapi ha parlato di una persona tranquilla, capace. «Sono molto addolorato, ho il morale sotto i tacchi, stiamo cercando tutti di capire come possa essere successo», spiega Lapi. Secondo il questore è comunque «inutile tirare conclusioni affrettate». Lapi afferma che la donna, in servizio come poliziotta di quartiere, non aveva mai manifestato problemi in ordine al suo lavoro. «Nelle carte non c’è nulla - prosegue - e quindi dovremo approfondire la situazione».


Ora sarà la magistratura a fare chiarezza su quanto è accaduto. Soprattutto sarà importante capire quali sono state le ultime parole della Callagher prima di spararsi.

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi