De Rocco, un addio nel segno del sorriso

È stata la moglie Laura a consegnare questa “istantanea” a quanti l’hanno fermata in piazza ieri per farle le condoglianze

CANALE D’AGORDO. «Stava male, ma se ne è andato col sorriso». L’ultima immagine del sindaco di Canale, Rinaldo De Rocco, morto venerdì pomeriggio all’ospedale di Belluno in seguito a un malore, l’ha scattata la moglie Laura; e ieri mattina, appena arrivata in piazza Papa Giovanni Paolo I, l’ha lasciata per così dire in eredità a chi la fermava davanti al municipio per le condoglianze. Nessun paragone improprio in cui avventurarsi, certo. Ma è inevitabile constatare come questa storia del “sorriso” ritorni a Canale.

Sul volto, questa volta, di un amministratore di 67 anni che aveva profuso il suo impegno a favore della comunità locale per vent’anni: dieci da vicesindaco e dieci da sindaco.

Domenica prossima avrebbe passato il testimone e avrebbe fatto altro. C’erano altri puntini da raggiungere e congiungere. Già, perché chi ripensa a De Rocco seduto in qualche assemblea di sindaci, lo ricorderà alle prese con carta e penna, apparentemente distratto in disegni ameni.

«Faceva una sorta di arabeschi», dice Paola Binotto, consigliere comunale che gli sedeva a fianco nelle riunioni in Unione montana, «disegnava dei puntini e poi li univa con delle linee curve, poi ne faceva altri. Intanto ascoltava chi stava parlando». I puntini disegnati per il dopo 10 giugno resteranno privi di collegamenti.

«Non vedeva l’ora di potersi dedicare al nipotino», dicono in tanti.

«Avevamo già parlato con i candidati sindaco», aggiunge Loris Serafini, della Fondazione Papa Luciani, «per capire in quale maniera coinvolgerlo all’interno della Fondazione e del Museo. Un ruolo di onore e operativo perché avrebbe potuto dare ancora moltissimo».

Lui stesso aveva dichiarato, in un recente passato, confermando le intenzioni di non ricandidarsi, che «Rinaldo De Rocco si dedicherà alla lettura», ai suoi amati romanzi storici. Il suo lo ha terminato venerdì, dopo vari capitoli.

«Da giovane», ricorda Dario Fontanive, amico fraterno oltre che suo dipendente al campeggio Lastei in Valle di Garés di cui De Rocco era socio e amministratore, «andò con le mucche, poi a San Benedetto del Tronto in una gelateria. Qui imparò il mestiere e si godette un po’ la vita. Si sposò e andò in Germania dove acquistò una gelateria con la quale ebbe successo. Ma la Germania non gli piaceva un granché e, quando la figlia Nicole fu in età per andare a scuola, tornò in patria». Fu il primo direttore dell’hotel Molino, chiamato da Benito Orzes, quindi il passaggio al campeggio.

«La sua organizzazione del lavoro era perfetta», sostiene Fontanive, «solo in virtù di questa capacità poteva dedicarsi alla vita amministrativa».

Dal 1998 al 2008 come vice di Flavio Colcergnan, poi sindaco per due mandati. Proprio venerdì avrebbe dovuto rivedere l’ultima bozza del giornalino di fine quinquennio che avrebbe poi distribuito ai suoi concittadini. «Prima veniva Canale», ricorda Michele Costa, sindaco di Falcade, «e poi si ragionava. Lo dico in senso buono per sottolineare come qualunque sua scelta fosse orientata in primis al bene della comunità canalina». In molti evidenziano come una delle caratteristiche di De Rocco fosse quella di “dire di sì a tutti”.

«Poi era lui stesso», conferma Fontanive, «a scontrarsi con la burocrazia che gli impediva di fare quello che aveva in mente. Posso però testimoniare come abbia aiutato tanta gente con i soldi suoi, fossero quelli della paga da sindaco o del campeggio. Mi diceva che essere amministratore era anche questo».

«Ma quando era arrabbiato», ricorda Paola Binotto, «era il primo a sdrammatizzare, a sorridere, rincuorandoci». Forse anche venerdì, di fronte a quei puntini che non poteva più congiungere, è stato così.

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