Dal giudice per il fallo di gioco
MEL. Fallo di gioco? Lesioni personali dolose. Il processo sulla partita di calcio a cinque è partito con un rinvio chiesto da Ferdinando Coppa, avvocato dell’imputato D.F., e accordato dal giudice Vincenzo Sgubbi. Trattative in corso per un risarcimento danni a beneficio di G.P. «Ti spacco una gamba» avrebbe detto il giocatore del Willy’s di Villa di Villa all’avversario, lungo il tunnel degli spogliatoi della Spes Arena di Lambioi e, dopo qualche minuto del secondo tempo di un incontro del campionato invernale del Centro sportivo italiano, ecco un’entrata di frustrazione da dietro, all’altezza del ginocchio destro. Fallo, fischio del direttore di gara e ingresso del massaggiatore per le cure.
La parte offesa si è presentata in tribunale accompagnata da una stampella e con un tutore scuro sopra il pantalone. È tutelato dall’avvocato Luca Di Pangrazio e l’autore del fallo sta cercando di fare in modo che non si costituisca parte civile, malgrado i due interventi chirurgici ai quali ha dovuto sottoporsi. Ci sarà tempo fino alle 9.30 del 2 luglio. Il fatto che Coppa spinga per un risarcimento non è un’ammissione di colpa, perché il legale dell’imputato continua a pensare che quello sia stato un fallo di gioco, per quanto brutto e violento, esattamente come l’arbitro. Quanto a Di Pangrazio sta aspettando un’offerta ragionevole entro quel termine, tenuto conto dei disagi che ha dovuto sopportare il suo assistito. Il processo andrà avanti lo stesso, ma in caso di accordo si svolgerà inevitabilmente su presupposti diversi.
Comunque vada a finire, la sentenza creerà un precedente molto importante, che farà giurisprudenza. Il confine tra la lesione volontaria e il normale fallo di gioco è molto sottile, non è solo una questione di cartellino giallo o rosso e il ricorso alla giustizia ordinaria non è per niente automatico. Quella sportiva fa già il proprio mestiere e, per andare oltre, i tesserati devono per forza chiedere l’autorizzazione alla federazione di competenza o all’ente di promozione sportiva di poter violare quella che si chiama clausola compromissoria. (g.s.)
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