Da Aquileia l’autonomia per Cadore e Ampezzo

Conferenza di Mario Ferruccio Belli nella Ciasa de ra Regoles di Cortina sulla storia locale

CORTINA. Fu il patriarca di Aquileia, Bertrand de Saint Geniès, arrivato nel 1334 dalla Francia, a portare per la prima volta in Cadore l’autonomia, le buone leggi e il tiglio della libertà.

Lo ha spiegato venerdì lo storico Mario Ferruccio Belli nel salone della Ciasa de ra Regoles, durante il secondo incontro dedicato alla conoscenza di Ampezzo. La conferenza è stata dedicata a Bertrand de Saint Geniès, chiamato dal Papa a guidare l'importante e casto Patriarcato di Aquileia, di cui facevano parte anche il Cadore e Ampezzo, nel 1334, all'età di 76 anni, da Toulouse, in Francia. Aquileia, ha spiegato Belli, rappresentava la punta avanzata verso il nord Europa, ed era collegata con Cortina da un'importante strada che collegava il castello di Botestagno, il castello di Pieve di Cadore, e, passando per la strada consolare feltrina, giungeva ad Aquileia. Bertrand de Saint Geniès aveva ricevuto dal Papa non solo il potere spirituale, ma anche quello temporale: tutto il territorio del Patriarcato, dalla Drava all'Adige, compreso il territorio cadorino, che andava dalla Croda del Béco al Peralba, a nord; dall'altopiano di Razzo al Duranno, a est e a sud; dalla Rocchetta del Bosconero a Caprile e al Sas de Stria, ad ovest, era un suo feudo.

Nel punto più aspro di tutto il percorso esisteva, ad un paio d'ore di cammino da Cortina, in un luogo quasi inaccessibile, la fortezza di Botestagno, che il conte Gabriele da Camino avrebbe comperato da un conte di Monguelfo. Nel 1347, cogliendo l'occasione della scomparsa dell'ultimo erede di questi signori da Camino, cui il Cadore era stato ceduto in sub feudo, e pure contando sul disinteresse di Carlo di Boemia che dieci anni prima era sceso a Feltre ed era stato omaggiato dai cadorini con il versamento di un tributo, il patriarca Bertrando decise di riprendersi in possesso diretto il suo territorio. Con soldati di scorta salì da Udine e si insediò nel castello di Pieve donde mandò un suo ufficiale a prendere possesso di quello di Botestagno. I cadorini ebbero la saggia decisione di chiedergli protezione e formarono una commissione di 54 delegati che egli ricevette benevolmente il 31 maggio. Cinque tra questi delegati erano ampezzani, e cinque di San Vito. In cambio della promessa di fedeltà il grande prelato garantì loro l'autonomia, l'uso delle loro leggi, il godimento senza oneri dei loro boschi, l'esenzione dalle imposte e, persino, la dispensa dal servizio militare fuori del paese.

In pratica riconobbe l'esistenza del Cadore, non solo come aggregazione di uomini liberi nelle ventisette regole, ma quale entità politica strutturata su dieci centurie. Esiste dunque, ha affermato Belli, la prova che le autonomie del Cadore e dell'Ampezzano sono state sancite dal Patriarca di Aquileia, con il riconoscimento dello Statuto Cadorino, il 31 maggio del 1347.

Marina Menardi

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