Con la Graziella fino a Trento

Tre bellunesi sono partiti giovedì, incidente tecnico pagato con un salame

BELLUNO. Grazielle con tricolore al vento, penne nere in testa, carretto al seguito. All’adunata degli alpini di Trento si va in bicicletta. Lo hanno deciso tre bellunesi, che alle 7 di giovedì sono partiti da Cavarzano in sella alle loro grazielle. «Abbiamo scelto di fare il “bis” dopo l’esperienza dello scorso anno, quando abbiamo raggiunto Treviso pedalando», spiega Alberto Da Rech, il “Ciardo” del gruppo death metal bellunese Delirium X Tremens, in viaggio con il fratello Christian e con Paolo Tormen.

«Appena dopo la partenza c’è stato qualche piccolo imprevisto di carattere tecnico: a Santa Giustina mi sono trovato con il telaio rotto, ci siamo fermati da un carrozziere che ha provveduto a saldarlo».

«Non ci ha chiesto di essere pagato, ha accettato volentieri uno dei salami che ci siamo portati dietro tra le provviste», aggiunge ridendo. «Con noi anche tutto l’occorrente per eventuali altre riparazioni, che speriamo non servano».

Immancabile il carretto “Iroso”, che Ciardo ha costruito con il padre. «Paolo è il conducente della graziella con il carretto», dice ancora. «Dentro abbiamo messo acqua, panini, salami, cioccolato e tutto l’occorrente per il viaggio. Devo dire che “Iroso” è stato realizzato bene, visto che sta affrontando il tour senza problemi». I tre sono arrivati a Trento giovedì sera, giusto in tempo per entrare nel clou del programma dell’adunata. Oltre al cappello alpino anche una maglietta dedicata, con la scritta “Sezione alpini graziellati”. «Personalmente ho poi lo stemma della brigata “Tridentina”, di cui ho fatto parte, Christian della “Cadore” e Paolo della “Julia”», precisa.

Tantissime le persone che hanno fermato i tre bellunesi lungo il percorso. «Ci hanno fatto una marea di foto, nemmeno se eravamo delle belle ragazze riuscivamo a ottenere tutto questo successo», scherza Ciardo, spiegando che hanno avuto l’autorizzazione dei Carabinieri. «Per il carretto mio papà ha preparato una sorta di simpatico libretto di circolazione. Alcuni agenti dell’Arma ci hanno fermato e, vista la carta, hanno detto che possiamo muoverci senza problemi. Meglio di così...».

Martina Reolon

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