“Cleme” ha lasciato l’attività il bar da Chino cambia gestione

SANTA GIUSTINA. Tutti la conoscono come “Cleme” anche se sulla carta d’identità c’è scritto Clementina Alessandra Dalle Grave, nata a Santa Giustina (ma originaria di Meano, per l’esattezza) il 26 agosto 1946.
C’è da dire che anche se il documento non mente, l’età se la porta decisamente bene. Lo spirito gioviale e cordiale non le manca nemmeno ora che, per forza di cose, ha dovuto abbandonare il lavoro di una vita, quello di barista. Ha studiato fino ai 18 anni per diplomarsi segretaria amministrativa al Catullo di Belluno, poi il padre ha deciso di costruire la loro casa nuova dell’epoca con bar annesso e lei non ci ha pensato due volte a mettersi alle dipendenze della famiglia.
Dopo varie vicissitudini personali – tra cui il matrimonio con Valerio Vigne e la chiusura del bar di Meano con la conseguente vendita dello stabile – la famiglia Dalle Grave si è spostata più a sud, nella frazione di Salzan.
«I miei suoceri avevano il bar e una drogheria sempre qui, nella piazzetta di via Piave. Ho lavorato nella bottega per 10 anni prima di prendere in gestione il locale, di cui si è occupata inizialmente mia cognata», racconta con entusiasmo, ricordando tutti quei 52 anni trascorsi dietro al bancone come «meravigliosi, senza nessun rimpianto». Del suocero ha un ricordo dolcissimo: «Avevo una venerazione per lui, tutti lo ricordiamo come una persona brava e buona».
Il suo nome era Gioacchino: «Quando ho preso in gestione il bar di Salzan assieme a mio figlio Elia abbiamo deciso assieme di chiamarlo “da Chino”» e così è rimasto da allora. Si tratta di un’attività storicissima, aperta dal lontano 1932. «Qui c’erano il casello, un’ortofrutta, la drogheria, il bar e un negozio di stoffe», ricorda nitidamente indicando le serrande abbassate e i ruderi con l’indice puntato oltre la finestra del salotto, «la gente andava a prendere il latte e poi passava da Chino, giocava a carte. Le domeniche era sempre pieno. All’inizio si vedevano soprattutto contadini, anche perché la maggior parte delle donne era a casa a occuparsi delle faccende. Non era come oggi…».
Oggi che è anche il 19esimo giorno da quando sulla porta d’ingresso del bar campeggia il cartello “chiuso per ferie”. Ci vorrà ancora un po’ perché ci sia un cambio gestione: a fare gli ottimisti, succederà a fine febbraio. Clementina ha 72 anni e nessuna intenzione di fermarsi del tutto: «Terrò l’un per cento della mia quota», anticipa sorridendo, «mi piacerebbe continuare a fare qualche ora quando il bar riaprirà».
C’è anche chi, mentre chiacchieriamo, passa a salutarla per sapere come sta, incredulo che al bar non ci sarà più. «Mi mancano la compagnia, la socializzazione. Sono abituata a stare in mezzo alla gente e questa condizione mi fa sentire stretta. Ho bisogno di fare qualcosa». E finché l’energia c’è, meglio lasciarla andare. —
Francesca Valente
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi