Chiuso in anticipo il concordato Per l’Ideal di Quero il futuro è roseo

L’Ideal di Quero chiude il concordato per il rientro del debito bancario con quasi tre anni di anticipo e ora può impegnare tutte le sue forze e competenze per il rilancio e lo sviluppo dello stabilimento.
È una buona notizia quella che arriva dalla fabbrica leader nella componentistica in metallo per occhiali e che occupa un centinaio di lavoratori. «Ogni tanto in questo territorio arrivano anche le buone notizie», commenta Denise Casanova, segretaria della Filctem Cgil. «Ideal ha dimostrato con questa operazione di ristrutturazione di essere un’azienda sana e da qui adesso può ripartire per nuovi investimenti e con una rinnovata fiducia nel futuro. Ricordo che questa operazione non ha interessato in nessun modo i lavoratori, che non hanno fatto nemmeno un’ora di cassa integrazione».
La ristrutturazione era partita nel 2013, con l’acquisizione dello stabilimento da parte della società Italglobal di Milano. Un’acquisizione che aveva comportato un aumento di capitale. Il gruppo fondato nel 2012 da Ruggero Jenna e Francesco Sala aveva acquisito il 60 per cento della società querese. L’aumento di capitale era servito a rafforzare il patrimonio, ma anche a sostenere il rilancio e la crescita della società che, nonostante il debito milionario, è riuscita a rientrare nel giro di pochi anni, grazie a un accurato piano di ristrutturazione aziendale e a un raffinato piano di ristrutturazione finanziaria.
Ideal, che è stata fondata nel 1983 a Quero, è un fornitore strategico del distretto italiano dell’occhialeria e serve i principali player del settore. La società ha puntato su innovazione, eccellenza e sulla rapidità di risposta alle commesse. Positiva anche la flessibilità operativa, grazie a un team di 110 collaboratori che realizza il 100 per cento della produzione nel sito produttivo di proprietà (circa 10 mila metri quadrati).
A guidare l’Ideal era stato chiamato Roberto Clamar, già amministratore delegato durante la ristrutturazione aziendale del 2014, che è anche socio di minoranza con una partecipazione significativa. Ed è proprio quest’ultimo a commentare questo traguardo. «Non è frequente riuscire a chiudere un concordato con un in anticipo di tre anni. Dietro a questo risultato», sottolinea Clamar, «c’è un valido piano industriale e una logica di lavoro che ha permesso di ricostruire la solidità dell’azienda, che ora è pronta a ripartire con grandi progetti. Progetti che saranno presentati ai nostri clienti», precisa l’ad, che non nasconde come il traguardo sia stato raggiunto non senza dei sacrifici. «Devo ammettere che nessuno credeva a questa operazione, c’è voluta determinazione, decisione e anche credibilità verso i clienti per portarla a termine. Logicamente gli azionisti hanno dovuto metterci del loro per superare l’empasse e io con loro. Ma per fortuna la società può contare su soci coesi, che sono riusciti a fare gruppo nel momento del bisogno. A questo punto non può che esserci una solida soddisfazione, perché una volta tanto, invece di parlare di aziende che chiudono, possiamo parlare di un’impresa che riparte, portando avanti in modo serio e industriale la gestione dei momenti critici». —
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