Chiamate hard alla minorenne: 5 mesi

Le videotelefonate scoperte dalla madre di una quattordicenne bellunese; il maniaco perde la patria potestà sui figli
Di Marco Filippi

BELLUNO. Lui ha 45 anni, vive nella provincia di Ancona, è padre di famiglia ed è incensurato. Lei ha 14 anni, è di Belluno, è una ragazzina di buona famiglia ed è brava a scuola. L’uno non conosce l’altro, non si sono mai visti e nemmeno sentiti.

Un giorno dello scorso autunno alla ragazzina all’improvviso squilla il telefono d’ultima generazione che è anche un videofonino. Dall’altro capo non si vede chi chiama: si sente soltanto ansimare e si vedono le parti intime di un uomo impegnato in un atto di autoerotismo. La ragazzina turbata, spegne la chiamata. Ma dopo un po’, nel display vede lo stesso numero di prima e la stessa scena.

Per due settimane, la vicenda va avanti, al ritmo di dieci-quindici chiamate al giorno. Finché la mamma, che vede la figlia cambiata e comprensibilmente turbata, indaga un po’ e capisce che i problemi arrivano dal telefonino. La ragazzina racconta i fatti, non senza qualche comprensibile difficoltà. La donna allora prende il telefonino e se lo tiene qualche giorno. Verifica quanto succede. L’uomo che fa quelle videochiamate oscene non si vede mai in faccia. Dai suoni in sottofondo s’intuisce che a volte lo fa a casa, altre all’aperto. Dopo qualche giorno la donna si presenta in questura, racconta i fatti e presenta querela.

Per gli investigatori della polizia postale è un gioco da ragazzi risalire al “maniaco”, che non aveva nemmeno “oscurato” il suo numero. Le indagini portano ad identificare un insospettabile, Luigi C., che vive a Osimo, in provincia di Ancona. L’uomo (difeso dall’avvocato Piergiorgio Ramazzotti del foro di Osimo) ha patteggiato la pena di cinque mesi e 10 giorni di reclusione per il reato di corruzione di minorenne. Una pena ridotta di un terzo per la scelta del rito premiale.

Il codice penale, infatti, punisce con la reclusione fino a tre anni “chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni 14, al fine di farla assistere”.

Il giudice ha anche applicato sull’imputato la pena accessoria della perdita della patria potestà sui propri figli, oltre all’interdizione dai pubblici uffici.

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