C’è chi ha rimandato l’apertura «Frenati dall’incognita meteo»

Chi non apre
Il posto, tutto sommato, ci sarebbe. Però l’incognita maltempo, il freddo di queste sere e il poco guadagno rispetto al grande dispendio di energie hanno portato Enrico Dal Farra e Louis Corzani delle “Officine-La Fabbrica del buon gusto” di Belluno a non riaprire.
«Abbiamo una terrazza da una sessantina di metri quadri e due ombrelloni, che però non ci metterebbero al riparo da eventi avversi», puntualizza Dal Farra. «Sarebbe poco serio cancellare le prenotazioni da un giorno all’altro, anche perché chi come noi sceglie di avere materie prime fresche non può permettersi di ordinare tanto prima, né di conservare troppo a lungo».
L’attesa è estenuante. «Avremmo voglia di rivedere i nostri clienti, ma chiediamo anche regole chiare e definitive, perché anche noi iniziamo a essere un po’ stufi di lavorare con il freno a mano tirato».
Dal Farra è anche tra le attività aderenti al movimento Botteghe aperte.
«Vogliamo combattere l’anarchia e sollecitare più controlli. Chi come noi è stato ligio nelle regole, ha poi finito per risultare antipatico».
Erica Ferraroni gestisce la Capannina di Roncoi, frazione di San Gregorio, assieme ai fratelli. Tutti e quattro hanno deciso di non riaprire, nonostante una terrazza coperta da una sessantina di posti, gli stessi che ci sono all’interno.
«La usiamo un mese e mezzo, quando va bene. Ho pensato di prendere un fungo elettrico, mi sono fatta fare un preventivo per una copertura fissa, ma i prezzi sono folli».
La chiusura durerà un altro paio di settimane, almeno: «Siamo un ristorante stagionale e normalmente apriamo a inizio aprile soltanto per quattro sere a settimana. Abbiamo deciso di aprire a partire da maggio con l’idea di proporre i pranzi ogni sabato e domenica, sperando che funzioni visto che la nostra è una clientela prettamente serale».
Sebastiano Saviane della Micchia ha un locale affacciato su via Matteotti a Belluno e non ha spazi esterni. Allo chef però non si può certo dire che manchi lo spirito di inventiva.
«L’unico spazio che mi è venuto in mente da poter ricavare all’aperto è sotto al locale, vicino all’orto, dove abbiamo uno spazio vuoto che potrei allestire con qualche tavolo e facendo qualcosa a pacchetto in formula green, anche perché fare avanti e indietro dal locale sarebbe troppo impegnativo con le ordinazioni libere».
In attesa di decidere cosa fare, Saviane è sicuro che per ora non riaprirà. «Le spese fisse, come l’affitto, sono rimaste invariate, ma io penso che in un periodo così ci dovrebbero essere aiuti, anche statali, per calmierare questa situazione».
Di fronte a un problema più grande di lui, come la pandemia in corso, lo chef si è fatto venire in mente due idee.
«Durante il lockdown ho fatto due consulenze in videochiamata a due conoscenti che volevano consigli su cosa cucinare della dispensa ormai quasi ivuota. Ho pensato che potrei trasformarlo in un lavoro di consulenza a distanza», cui abbinare un’altra idea, quella di diventare «home chef e andare a cucinare a domicilio, su chiamata». —
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