Cartiera, chiesta la cassa per 43

I sindacati preparano gli ammortizzatori in vista dei tagli, martedì primo confronto con l’azienda
Santa Gisutina, cartiera Reno de' medici
Santa Gisutina, cartiera Reno de' medici

SANTA GIUSTINA. Pronti al peggio. Prima ancora di cominciare una trattativa sugli esuberi nella cartiera Reno De Medici - che ha già annunciato un drastico ridimensionamento della forza lavoro nello storico impianto di Santa Giustina - i sindacati si sono mossi per allestire una rete di ammortizzatori con la quale fare fronte ad eventuali situazioni difficili. Martedì prossimo nello stabilimento di Santa Giustina è in programma il primo incontro con l’azienda per avviare la trattativa sul piano industriale presentato a Milano il mese scorso. Ma intanto al ministro del Lavoro è già stata spedita la richiesta di cassa integrazione straordinaria per un numero di dipendenti che potrebbe arrivare fino a 43. Ma questo è il numero da cui si parte e i sindacati confidano di riuscire a ridurlo ulteriormente, dopo che sei posti di lavoro sono stati “salvati” con il primo incontro.

Lo scenario comunque è già delineato. La Reno De Medici vuole investire nella sua fabbrica di Santa Giustina ed è pronta a mettere sul piatto 17 milioni di euro per ammodernare gli impianti, soprattutto il reparto allestimento, dove si taglia la carta. Ma le nuove macchine renderanno superflua una parte della forza lavoro attualmente impiegata - circa 250 dipendenti - imponendo un sacrificio di 43 unità (inizialmente erano 49).

Da qui si parte con la trattativa. A febbraio l’azienda ha presentato ai sindacati e alle rsu il piano industriale, convincendo tutti sul fatto che la presenza della cartiera a Santa Giustina non è in discussione, anzi c’è la volontà di potenziare la produzione. Ora però si tratta di capire quanti saranno gli esuberi, quali possono essere i tempi di uscita dei dipendenti dall’azienda e soprattutto quali saranno le modalità di riduzione dell’organico. «La richiesta di cassa straordinaria per un numero di dipendenti fino a 43 è soltanto una misura preventiva», chiarisce Rudy Roffarè della segreteria generale della Cisl provinciale. «Ci aiuterà quando si tratterà di definire le modalità di uscita. Ma prima di fare ricorso alla cassa straordinaria vogliamo capire se ci sono margini per ridurre questo numero. E poi valutare quanti sono i dipendenti che sono vicini al pensionamento. Utilizzando insieme la mobilità e la cassa integrazione possiamo ammortizzare l’impatto di questo piano». Due anni di cassa straordinaria più tre di mobilità potrebbero permettere di costruire “scivoli” per i più anziani, limitando i danni. Oltretutto, sottolineano i sindacati, l’operazione non si concretizzerà nell’immediato, perché ci vorrà un anno di lavoro per completare l’ammodernamento.

Martedì, nell’incontro con l’azienda, si parlerà anche di incentivi - tema finora lasciato ai margini - e di riqualificazione per chi perderà il posto, mentre il salario di chi resta è già stato messo in cassaforte, nel senso che non sarà toccato. E il discorso non potrà che partire dalla riorganizzazione dello stabilimento, attorno alla quale poi si svilupperanno tutti gli altri ragionamento. Sulla vicenda vigilano anche le istituzioni, a cominciare dalla Regione.

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