Bruxelles, metro chiusa e strade vuote

BRUXELLES. Chiusa per terrorismo. Brilla l'albero di Natale, sulla Grand Place e le casette del mercatino hanno messo le loro fondamenta di legno nella piazza della Borsa. Ma non c'è niente di lieto o rassicurante, nel fine settimana di Bruxelles. Sembra la capitale del Belgistan e non del Belgio. L'allerta 4 è una chiave sui cancelli delle quattro linee della metropolitana, una transenna sulle porte dei musei e dell'ufficio turistico, una mano sulle saracinesche dei centri commerciali.
È aperta solo la centralissima galleria Agorà, ma forse perché i negozianti sono tutti di origine araba. Nei luoghi più frequentati, si fa per dire, pare di essere a Belfast, negli anni degli scontri tra cattolici e protestanti nordirlandesi: i soldati dell’esercito in mimetica, giubbotto antiproiettile e fucile enorme scendono dai blindati e diventano gli angeli custodi dei rari residenti e turisti, anche qualche bellunese, tra la stazione ferroviaria centrale e il parlamento europeo. O il deserto del palazzo reale.
E dove non ci sono i militari, regnano i poliziotti della Police alla francese o della Politie alla fiamminga: un gran traffico di auto e pulmini, perché ci sarebbero due jihadisti a spasso imbottiti di esplosivo: pronti a farsi saltare in aria, non si può mai sapere dove. Mentre Salah Abdeslam è sempre in fuga, a una settimana dalle stragi di Parigi. Quel traditore lo cerca anche il Daesh, come chiamano l’Is da queste parti, tanto che la famiglia non sa cosa augurarsi, barricata nel quartiere di Molenbeek. Che non è la disperata periferia parigina: si trova a cinque minuti dal centro, ma è una specie di casbah mediorientale. Non gira un’anima, in queste ore e le insegne dai nomi tipicamente arabi rimangono addormentate. Il posto più chiuso dev’essere il bar Les Beguines, il locale dei fratelli Abdeslam, che fino a pochi giorni fa serviva pinte di birra bionda Jupiler. Come qualsiasi altro pub. Non ci hanno messo tanta fantasia a chiamarlo in questo modo: è in rue o straat des Beguines e le religiose beghine non c’entravano e non c’entrano niente con l’Islam. Neanche moderato.
Il fine settimana sarebbe consacrato dal calcio, soprattutto adesso che la Nazionale multietnica è fortissima, ma della sedicesima giornata di serie A si è giocato soltanto l’anticipo del venerdì tra Gent e Westerlo. È finito 5-0: la capolista corre, però è anche vero che doveva incontrare l’ultima in classifica. Il pallone è sgonfio, sugli altri campi, compreso quello più prestigioso dell’Anderlecht e quelli con il mal di gol devono mettersi davanti al televisore a guardarsi il “clasico” della Liga, Real Madrid - Barcellona, con la speranza che nella capitale spagnola siano tutti più tranquilli.
Contentissimi i catalani, che ne hanno fatti quattro. Gli schermi sono anche all’interno dei locali, dove si può trovare rifugio, evitando le terrazze esterne e non perché può piovere o nevischiare da un momento dall’altro. Nessuno vuole diventare un bersaglio inerme. Chiusi anche i cinema e le sale da concerto: al Palais 12, è saltata la data di quella leggenda di Johnny Hallyday.
Ci doveva essere anche una partita di rugby, a Bruxelles, ma Royal Kituro e Femi Cz Rovigo hanno fatto solo il terzo tempo, saltando primo, secondo e intervallo: una cena insieme a Schaerbeek e arrivederci a giorni più tranquilli. I rugbysti rodigini hanno preso il volo per Treviso delle 6.30 di ieri mattina, senza nemmeno fare riscaldamento. Funziona solo quello dell’aeroporto di Zaventem. L’aereo a buon prezzo decolla sicuro, dopo controlli normali. Rischia un’altra giornata di panico e solitudine, invece, chi rimane a Bruxelles. E non c’era proprio abituato.
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