BELLUNO. Il processo «Re Mida» rimane a Belluno. Il giudice delle udienze preliminari ...

Un’aula del tribunale
Un’aula del tribunale
 
BELLUNO.
Il processo «Re Mida» rimane a Belluno. Il giudice delle udienze preliminari Giorgio Cozzarini ha respinto l'eccezione di incompetenza territoriale, avanzata dai legali degli imputati, che chiedevano lo spostamento del processo a Roma, perché lì sarebbero stati compiuti i reati più pesanti.  Quella di ieri è stata un'udienza preliminare prettamente tecnica ed interlocutoria. Si è, in pratica, stabilito che il processo rimane a Belluno ma non si è arrivati alla decisione di rinviare a giudizio o prosciogliere i dodici imputati. Il gup Cozzarini ha anche respinto la richiesta di patteggiamento ad un anno di reclusione, presentato dal difensore di Antonio Di Vincenzo, 46 anni di Roma, ed ha, alla fine, rinviato l'udienza preliminare al 15 novembre quando sarà sentito in interrogatorio lo stesso Calvi.  La vicenda è quella nota e risale al marzo 2008 quando l'inchiesta della Guardia di Finanza culminò con l'arresto di alcuni imprenditori bellunesi per un presunto giro di false fatturazioni. Dodici, complessivamente, gli imputati (difesi dagli avvocati Antonio Prade, Mariangela Sommacal, Vania Marinello), tra i quali Italo Calvi, l'imprenditore di Spert d'Alpago, personaggio-chiave dell'inchiesta, per il quale è caduta l'iniziale e pesantissima accusa di usura.  Per quattro indagati (tra loro lo stesso Calvi) rimane in piedi l'accusa di associazione per delinquere. Con lui, dietro le sbarre, finirono anche un cittadino con passaporto svizzero, Ivan Genoria, l'avvocato romano Arturo Ceccherini e l'architetto Giovanni Francesco Ilardo.  Nel calderone dell'inchiesta sono poi finite altre 8 persone: Alessandro Albertini, 51 anni di Milano, Claudio Biagi, 63 anni di Roma, Antonio Di Vincenzo, 46 anni di Roma, Fausto Fiumara, 56 anni di Roma, Gastone Gala, 66 anni di Roma, Fernando Mele, 59 anni di Guidonia Montecelio, Massimo Piaia, 41 anni di Pieve di Cadore, e Claudio Ranzato, 40 anni di Longarone. Il presunto giro di false fatturazioni, secondo i finanzieri delle Fiamme Gialle, fu messo a segno con la creazione di una serie di società (18 in Italia e 7 all'estero) operanti nel settore immobiliare, nell'occhialeria e nell'abbigliamento.  Una ventina le fatture «poco chiare», per importi dal milione ai 4 milioni di euro. Tutte accuse che gli imputati respingono.

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