Armin, il virus non frena la voglia di trasformare la musica da hobby a lavoro

Calligaro, un anno dopo l’uscita di “Perfetta confusione”, fa il punto «Ora lavoro tra campi e animali, ma presto tornerò alle sette note» 

IL PERSONAGGIO

Perfetta confusione, un anno dopo. Armin Calligaro, il cantautore “made in Cadore” , originario di Pozzale da dove scrive, compone e suona musica dedicandola alle montagne circostanti, coglie l’occasione per tracciare un bilancio ad ampio raggio sull’attività professionale che neanche il coronavirus è riuscita a fiaccare. Tanti progetti, guardando al futuro, ed un unico obiettivo: fare della musica un lavoro.

Partiamo dal tuo album “perfetta confusione” , il primo prodotto in autonomia uscito sul mercato discografico nazionale un anno fa: come vanno le cose?

«La soddisfazione per essere riuscito a coronare un sogno è ancora tanta. In termini più materiali non posso sostenere sia stato un successo ma devo dire che non è colpa mia. I cd sono praticamente spariti dal mercato, rimpiazzati da strumenti più tecnologici, ironia della vita proprio in concomitanza con l’uscita del mio primo lavoro. Detto questo, però, ho tanti motivi per essere contento. Questo lavoro mi ha aperto la porta verso nuove esperienze, utili a capire una cosa: ogni situazione diventa un mezzo per raggiungere altri obiettivi, più lontani ed impensabili».

Qualche doveroso ringraziamento, un anno dopo, immaginiamo ci sarà...

«Penso a me stesso, che con tanta dedizione e perseveranza sono riuscito a mettere assieme tutte le componenti necessarie per realizzare l’album; ma un ruolo fondamentale in questo contesto lo ha svolto chi mi ha sostenuto economicamente, Riccardo Caliari, un imprenditore veronese che ha creduto in me e nella mia tenacia più che nei miei lavori. Non dimentico poi la mia famiglia ed i musicisti con i quali collaboro da sempre. Sono i miei amici fidati, gli unici in grado di sopportare il mio carattere tutt’altro che affabile».

Un anno utile a stringere nuove amicizie: su tutte quella con Omar Pedrini.

«Un’avventura fantastica, specie quella di Padova. Pareva di essere in un film».

Poi c’è il rapporto speciale con Mauro Corona...

«Si è rivelato uno degli amici più veri e cari di sempre, mi ha dato la possibilità di suonare le mie canzoni alla presentazione del suo libro “Il passo del vento” con Matteo Righetto a Cortina. È stato un momento che ricordo con grande piacere. Insieme alla mia chitarra acustica, accompagnato da quella elettrica di Aldo Da Vià, siamo partiti all’avventura per esibirci davanti ad un pubblico non nostro, direi quasi rubato e quindi totalmente libero di esprimersi nei nostri confronti in maniera sincera. È stata una “botta di vita” come considero una botta di vita poter girare qua e la per suonare la mia musica».

Com’è la vita quotidiana di Armin Calligaro?

«Non c’è solo la musica, bisogna restare con i piedi ben saldi per terra altrimenti si rischia di restare fra le nuvole per poi cadere a terra rovinosamente. Sono diventato padre, ho iniziato a pensare razionalmente. Un anno fa ho lasciato la fabbrica per andare a lavorare in una azienda agricola (Ai Lares) tra manzi, pecore, maiali e conigli. La mia vita è cambiata, in meglio direi. Il contatto con la natura ha risvegliato la parte migliore di me. Sognare è bello ma non basta. Lavorare a contatto con la natura ti fa stare bene oltre a ricordarti che sei un uomo e non un numero. Alla sera torno a casa con il sorriso, la prima cosa che faccio è abbracciare i miei affetti che sono li ad attendermi».

Progetti futuri?

«Difficile parlarne ora. Il mio pensiero fisso resta uno: la musica. A fine reclusione ricomincerò a muovere i miei passi verso la cima». —

Gianluca De Rosa

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