Annodavano lenzuola per evadere: condannati

BELLUNO
Lenzuola da evasione. Quattro detenuti nel carcere di Baldenich le stavano annodando da settimane e avevano fabbricato una specie di corda lunga almeno una ventina di metri. Il piano non era ancora completo, perché chissà come avrebbero fatto a segare le sbarre della loro cella, in ogni caso sono stati scoperti prima e portati in tribunale: l’albanese Florian Hoxha e il sandonatese Luciano Vignotto sono stati condannati a un anno e un mese per tentata evasione e danneggiamento aggravato.
Il libanese Abdellah Sami ha invece ottenuto l’assoluzione, per quella che una volta si chiamava insufficienza di prove. C’era anche un quarto imputato, Ibrahim Sokol Kuci, che però si è reso irreperibile dopo essere uscito di prigione. Anche lui albanese, non si sa dove sia e non è stato possibile processarlo, in mancanza di una valida notifica del procedimento penale a suo carico.
Il pubblico ministero Tricoli avrebbe voluto la condanna alla stessa pena per tutti e tre, a differenza naturalmente dei difensori bellunesi Sperandio e Zullo, ma il giudice Riposati ha ritenuto che per Sami non fosse stata raggiunta la prova di un suo coinvolgimento e l’ha scagionato. Certo il programma era ambizioso e consisteva, tanto per cominciare, nell’evitare la lavanderia. Gli inquilini di quella cella non chiedevano mai che le lenzuola dei letti venissero lavate e nessuno ha avuto dei sospetti fino a quando Vignotto è stato impiegato dall’amministrazione carceraria come magazziniere. La biancheria usata non usciva mai, ma veniva strappata a strisce e poi annodata in maniera da formare una fune. Quella nuova subiva lo stesso trattamento, dopo essere stata utilizzata per qualche notte.
Era pronto anche un rudimentale gancio fabbricato con un pezzo di una delle brande del letto a castello. Le lenzuola sarebbero state assicurate a questo al momento di tentare l’evasione, ma non è chiaro come i detenuti avrebbero segato le sbarre, in una vera scena da film.
E non si è saputo da che parte sarebbero dovuti passare, per di più in un carcere di massima sicurezza. Mentre ci stavano pensando o erano in attesa della classica lima nel salame, c’è stata una soffiata agli agenti della polizia penitenziaria ed è stata disposta una perquisizione della cella.
Non è stato necessario cercare troppo e non solo per lo spazio limitato: sono spuntate sia la rudimentale corda fatta di lenzuola che l’uncino per assicurarla.
La notizia di reato inoltrata alla Procura della Repubblica coinvolgeva tutti e quattro i detenuti alloggiati in quella cella e parlava di tentata evasione e danneggiamento aggravato, ma in attesa di giudizio uno è riuscito a far perdere le proprie tracce. Gli altri tre sono stati portati a processo e, una volta sentiti tutti i testimoni, si è provveduto alla discussione. La Procura avrebbe voluto la condanna per tutti e tre, ma il Tribunale ha ritenuto che non ci fossero prove su Sami, condannando gli altri due. —
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