Alluvione del ’66, quando Belluno temette un nuovo Vajont / FOTO / VIDEO

Uno straordinario documento di Poste Italiane racconta l’alluvione del ’66 nel Bellunese: duramente colpito lo zoldano, paura per la diga di Pontesei

BELLUNO. L’alluvione fa paura, oggi come allora. Invade le strade, distrugge le reti del gas, dell’acqua e dell’elettricità. E la prima cosa da ripristinare sono le comunicazioni. Un documento di Poste Italiane, che ha recuperato dal suo archivio storico un filmato girato nei giorni immediatamente successivi all’alluvione del 1966, testimonia quanto accaduto nel Bellunese.

Nel Bellunese, racconta Poste Italiane, la popolazione, le case, i negozi, gli uffici furono duramente colpiti. Come era accaduto per il Vajont, alle Poste venne chiesto di intervenire subito per ripristinare le linee di comunicazione, telegrafiche, telefoniche, ponti radio. Molti i timori per la diga di Pontesei: di temette un nuovo Vajont.

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Gli impiegati delle Poste, racconta la “Rivista delle Poste e Telecomunicazioni”, si misero immediatamente al lavoro per rimettere in funzione, per prima cosa, gli uffici del territorio. C’era chi voleva ritirare dei risparmi, chi doveva spedire un telegramma, chi aspettava un pacco con beni di prima necessità. In un periodo in cui erano ancora in pochi a possedere un telefono, l’ufficio postale è stato spesso anche un posto telefonico pubblico. I postali spalarono via il fango, recuperarono la corrispondenza, la pulirono e la misero ad asciugare; salvarono centinaia di pacchi per poterli spedire o recapitare il prima possibile; pulirono armadi, scrivanie e banconi. Le cassette di impostazione divelte vennero sostituite da semplici sacchi postali.

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Nelle campagne allagate arrivarono dei mezzi speciali delle Poste. Avevano la forma oblunga di un autobus, ma erano in realtà degli uffici mobili. Con i collegamenti stradali o ferroviari interrotti si decise di ricorrere per il trasporto dei sacchi di corrispondenza ad elicotteri che potevano atterrare quasi su qualsiasi striscia di terra non allagata.

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Mancava ancora l’acqua, per pulirsi, per bere. Furono impiegati autisti e portalettere delle Poste a rifornire il territorio allagato di acqua potabile e beni di conforto destinati anche ai colleghi postelegrafonici che si prodigavano negli uffici, nei centri di recapito, per ripristinare tutti i servizi necessari alla collettività e che nello stesso tempo dovevano anche preoccuparsi per le proprie famiglie. Il 15 novembre i servizi postali erano di nuovo efficienti nel territorio nazionale in 246 uffici postali, dei 271 colpiti dall’alluvione. In 666 località su 700 il telefono aveva ripreso a funzionare: 161.000 utenti su 195.000 erano di nuovo collegati.

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