«Abbiamo un problemone»: Marcella Corrà in pensione, è un pezzo della nostra storia

Dalla nascita del Corriere delle Alpi nel 1994, una carrellata di episodi e di aneddoti per la “capa” amata e stimata da tutti i bellunesi 

Il saluto

“Eddai, solo tu puoi fare un pezzo documentato e simpatico sulla Marcella”. E’ così che ti fregano, adulandoti, per poi colpirti proditoriamente.

Perché non è mica facile, scrivere di un mito vivente. Ieri “la Marcella” – dottoressa Corrà per gli estranei, ma il Corriere è una famiglia allargata – ci ha salutati, dimostrandoci inequivocabilmente che la pensione prima o poi esiste per tutti, assioma al quale (a essere sinceri) non avevamo dato grande credito, sino a ieri. E adesso come faremo, senza di lei?

“Nessuno è indipensabile”, certo. Bla bla bla... Ci consoliamo solo sapendo che Marcella non attaccherà affatto la penna al chiodo, ammesso che tale operazione sia possibile. Né che la sotterrerà insieme ai suoi amati fagioli, da brava lamonese. Sì, insomma: resterà con noi dando forma alla sindrome del capo che non ha mai tempo di scrivere e che ora, finalmente, potrà farlo.

Correva l’aprile del 1990 quando Corrà iniziava la carriera di giornalista alla Gazzetta delle Dolomiti, facendo anche il direttore di Radio Rete 5 a Lamon: un chiaro segnale premonitore.

Sgob-bo-na.


Tre anni dopo, l’approdo a Telebelluno sino al luglio 1994, e qui siamo al pionerismo ante litteram e passiamo ai ricordi personali perché Marcella sale a Bolzano e si siede di fronte alla mia scrivania. Lavoravo all’Alto Adige e la società Seta Spa, che già editava quel quotidiano (come le pagine da Cortina Cadore e Comelico, sempre seguitissime da Cimabanche in giù), aveva deciso di lanciare il guanto di sfida al Gazzettino e di aprire un nuovo giornale.

Giovane, agguerrito, convintamente territoriale.

Bisognava imparare il sistema editoriale, e a dire il vero non so perché fui io il tapino prescelto.

Marcella rimase con noi da luglio a fine estate sino a quando, il 28 settembre del 1994, nacque la creatura: il Corriere delle Alpi.


E visto che la storia di Marcella e quella del Coralpi hanno viaggiato parallele sino ad oggi, vale anche la pena di ricordare quella prima redazione condotta da Toni Sirena, ampiamente supportata nella sua fase di lancio da colleghi altoatesini e trentini ma già allora fortemente belumat, la sua vera autentica forza. C’era Perez, e poi Guariglia, Liuzzi, Iannuzzi, Martinelli, Pompanin, Mimi, Sosso... Davide contro Golia, ma con tanta determinazione sino al miracolo: l’affiancamento prima, il sorpasso poi. In questi decenni il Coralpi ha vissuto molte stagioni. Alcuni colleghi hanno lasciato, altri sono arrivati: un turnover inferiore a quello di altri quotidiani, che ha puntellato il radicamento sul territorio e consentito di creare una squadra coesa e forte.

Ma “la Marcella” cresciuta all’ombra di Toni – così specularmente diversi – era sempre lì, sino alla nomina a caporedattore nel 2006. Una nuova fase all’insegna della continuità. Una nuova linea dinastica, la seconda.

E Corrà prima inter pares, pronta a dirigere il giornale (perché diciamocelo, la capa è sempre e solo stata lei, in barba ai direttori che ogni tanti comparivano da Padova, dopo l’incorporazione nella divisione dei quotidiani veneti del gruppo Espresso, ora Gedi) ma anche a completare l’agenda, a “passar pagine” come diciamo noi. Perché così funzionano le cose, qui. Da sempre.

Così come le signore che portano la torta, con le ciabatte nascoste sotto la scrivania e la richiesta di annaffiare i fiori quando andava in ferie, rigorosamente la terza di settembre per la Festa del fagiolo ma sempre presente a due altre “classiche”: l’infiorata di Igne e Mele a Mel.

“Abbiamo un problemone”, chiosa regolarmente Corrà uscendo dal suo gabbiotto nella redazione open di Piazza Martiri, e allora capisci che la cosa è seria.



Nel tempo impari alcune cose. Ad esempio, che lei è un aggiustatutto naturale, come quella colla che usavamo da bambini. Devi lasciarla lavorare in pace, porterà sempre a casa quel che serve. Parola chiave: pazienza. Marcella non si agita, non impreca, sembra sempre tranquilla. Non si fanno mai battute sulle tragedie, ma credo che sarebbe riuscita a mostrare sangue freddo anche con il Vajont, e si capisce l’enormità di questa affermazione.

Questo giornale, Marcella, i suoi bravissimi colleghi e collaboratori, i fotografi, i tipografi, questo ecosistema in ultima analisi sa che può sempre contare su se stesso. Che ce la farà, perché non c’è mai un piano B. È così e basta; l’estremizzazione dell’essere veneto, rimboccarsi sì le maniche ma qui siamo in montagna, scendi giù lungo la A27 lasciandoti dietro Treviso e puntando verso Padova o Venezia e pensi che sì, sono veneti anche loro, ma in fondo in fondo non la capiscono, questa tua terra. La amano sì, come i foresti. Ma viverci, è un’altra roba.

Promesso, Marcella: con il bravo Luca Traini che ce la metterà tutta per non farti rimpiangere, annaffieremo i fiori del tuo impegno, aspettando i tuoi videoracconti dalla prossima frana. Ma soprattutto, non aspettare il treno delle Dolomiti… che la vita è breve. —


 

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