A Cason rivive il vecchio villaggio militare

Un gruppo di alpini auronzani lavora sodo per ridare dignità a un importante caposaldo bellico

AURONZO. Non sono molti gli escursionisti che d’estate scelgono di salire a piedi fino al rifugio Auronzo, lungo la Val Marzon. Troppo lunga e faticosa l’ascesa, questo è certo; ma si tratta di un itinerario di alta valenza storica, poiché esso ripete quello seguito da migliaia di nostri soldati avviati dalla Val d’Ansiei alla linea di fronte nella zona delle Tre Cime e del Paterno. E, per di più, la strada tocca i resti di quello che fu un grande villaggio militare, oggi praticamente nascosto dal bosco. Sui prati di Cason de la Crosèra, all’incrocio delle valli Marzon, Cengia e d’Onge, sorgeva infatti fin dal giugno 1915 un importante centro logistico per i reparti che operavano tra le Tre Cime di Lavaredo e la zona di Pian di Cengia.

Esso contava baraccamenti per la truppa, alloggi per gli ufficiali, uffici di fureria, cucine, servizi igienici, acquedotto, fontane, depositi, nucleo pompieri, infermeria, chiesetta, ghiacciaie, giardinetti e persino un campo di bocce.

Da qui partiva un’ardita teleferica (di cui rimangono i ruderi della stazione di partenza), che, con cavallette alte anche 20 metri, arrivava fino alla chiesetta di Maria Ausiliatrice (“Madonna della Croda”) sotto la Cima Grande di Lavaredo. Tra i reparti che qui soggiornarono ci furono gli Alpini del battaglione “Val Piave”, i fanti del 56° reggimento, i bersaglieri dell’8° reggimento.

Alla loro assistenza spirituale provvedevano alcuni cappellani militari, tra i quali don Emilio Campi e don Giuseppe Lorenzon. Prima del ponte, che ancor oggi supera il rio Marzon, era stata realizzata un’ampia piazzola, dove venne collocato un grande cannone da 203 da Marina, il cui peso totale arrivava a quasi 43 tonnellate e il cui trasporto fin quassù dalla stazione di Calalzo risultò impresa davvero eccezionale.

Ma i resti che più emozionano oggi sono quelli del piccolo cimitero, sulla riva sinistra del rio: di esso resta solo una grande croce in cemento recante la scritta “PAX”, sul cui basamento si legge a fatica una dedica fatta dai compagni d’arme nel maggio 1917. Per rendere più visibili e fruibili i resti del villaggio una decina di volontari del gruppo Ana di Auronzo (Carlo, Stefano, Oliviero, Angelo, Gianni, Rodolfo, Giancarlo, Bruno, Osvaldo e Mimmo) stanno da tempo lavorando sodo, per lo più nelle giornate estive.

Per facilitare l’accesso al sentiero che conduce al cimitero hanno già realizzato una rustica scalinata, mentre sono in corso i lavori per rifare il muretto che circondava le tombe e la croce, su cui sarà apposta una nuova targa in bronzo riportante la scritta originale.

Al centro del villaggio sono stati poi liberati dalla morsa della vegetazione i ruderi della stazione della teleferica e delle due fontane, servite un tempo da un vero acquedotto.

Per la prossima estate i turisti avranno dunque in Val d’Ansiei una meta nuova e di grande interesse storico, per la quale sono in progetto pure dei cartelli esplicativi in grado di descrivere l’originaria dislocazione dei fabbricati e la loro destinazione tra il 1915 e i primi giorni di novembre 1917, allorché tutto venne distrutto nella ritirata seguita a Caporetto.

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