Saronni: «Con Moser un odio cordiale»

«Le tappe bellunesi? Beccia sorrideva prima delle salite. Io molto meno...»
Beppe Saronni ora è ds della Lampre
Beppe Saronni ora è ds della Lampre
 
BELLUNO.
Io e Moser? Un... rapportone. Una delle storie più belle del ciclismo degli ultimi trent'anni, è stato il duello tra Giuseppe Saronni e Francesco Moser. Non ce ne sono più stati di così appassionanti: «Ci siamo odiati - sottolinea Saronni - poi odiati cordialmente e ora capita che praziamo insieme, come l'altro giorno». Va a finire che a uno dei due resta sempre qualcosa sullo stomaco.  Il cinquantaquattrenne novarese trapiantato a Milano è rimasto nel mondo delle due ruote, come team manager della Lampre e sarà in provincia per le tappe del Giro: «Mi ricordo un bel po' di salite - scartabella nella memoria - il passo Duran in Agordino e, vicino a Feltre, il Croce d'Aune e le Scale di Primolano. Te ne accorgevi, quando dovevamo affrontare i pendii, perché il mio amico Mario Beccia sorrideva sempre, mentre io ero un po' triste, anche se me la sono sempre cavata da scalatore».  
Più forte di Moser.
Il montanaro della situazione era «Checco» Moser da Palù di Giovo, che però faceva ancora più fatica, quando la strada cominciava a salire: «Quando lo vedo, gli ricordo sempre che l'unica volta in cui l'Anas ci aveva dato il permesso di scalare lo Stelvio fino a Cles, in un lontano Giro d'Italia, lui non era nemmeno partito. La salita è sempre dura e puoi affrontarla con il rapportone o il rapportino: dipende soprattutto da come stai fisicamente».  
Chi ha vinto di più?
Il rivale ha detto di essersi aggiudicato un maggior numero di gare, ammettendo però di aver corso più a lungo: «Non ne sarei così certo, perché credo che bisognerebbe sempre distinguere tra le vittorie delle corse in linea e quelle nei circuiti. ci vorrebbe qualcuno che si prendesse la briga di fare un conteggio. Di sicuro, la nostra era una rivalità vera, fatta anche purtroppo di scorrettezze. Ho ricevuto qualche spintone e non mi sono mancati nemmeno degli spunti da parte di qualche suo tifoso. Tutto faceva parte del gioco».  
Le tappe bellunesi.
Attesa soprattutto per la crono Belluno - Nevegal. Saronni come la vede? «Bisogna sempre fare delle distinzioni. Un conto è affrontare questa asperità, nel bel mezzo di una serie di grandi salite, come avviene nei grandi tapponi dolomitici e un altro fare questa cronoscalata, che dev'essere bella, ma non particolarmente difficile. Se sei allenato non ci sono problemi».  
Il campione di casa.
Impossibile per un team manager non seguire anche Davide Malacarne, il lamonese della Quick Step: «E' un buon gregario, uno che lavora molto duramente per il suo capitano, ma allo stesso tempo prende delle iniziative e lo vedo sempre aggressivo».  
I miei favoriti.
Chi può vincerlo il Giro d'Italia? «I favoriti sono sempre quelli e, secondo me, ci sarà anche Contador. Tra gli italiani, vedo bene Nibali e Scarponi, giusto per fare due nomi».  
Veronesi dixit.
L'altro giorno, sulla Gazzetta, l'oncologo Umberto Veronesi ha proposto di liberalizzare il doping, facendo arrabbiare il presidente del Coni, Gianni Petrucci... «Secondo me, per rispondere a uno scienziato, ci vorrebbe un altro scienziato. Detto questo, mi sorprendo delle reazioni, a parte il fatto che, naturalmente, sono contro il doping. Credo che Veronesi sia stato frainteso».  
Ricordo di Goodwood.
Saronni se la sogna ancora quella volatona dei Mondiali 1982? «Bella vittoria e smacco a Lemond, ma devo dire che mi sono rimaste impresse più certe sconfitte».

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