L’ex Bargellini sprona la Canottieri. «Belluno deve tornare dove merita»

La Canottieri Belluno sempre nel cuore. Con il sogno, un giorno, di una festa condivisa per concludere in modo definitivo il percorso da giocatore. Non può essere presente alla Spes Arena, complici impegni di lavoro che quest’anno lo hanno portato a trasferirsi a Torino, ma Daniele Bargellini continua ad essere tifoso dei colori biancoblù. Una passione percepibile dalle sue parole, ricolme di sentimento soprattutto quando gli si chiede dell’imminente finale playoff.
A proposito, mancano solo due giorni alla sfida che opporrà la Canottieri alla Virtus Libera (sabato alla Spes Arena, ore 16). In palio c’è la promozione in A2, partendo dal 5-1 ottenuto all’andata.
Barge, l’ultima promozione della storia della Canottieri la festeggiasti da giocatore nel 2006. Era l’anno della B dominata con record di punti. Sabato può chiudersi il cerchio con un nuovo salto in avanti…
«Glielo auguro, non vedo l’ora Belluno torni nei campionati in cui merita di stare. Per me la Canottieri rappresenta il luogo dove ho lasciato il cuore. Certo, ho giocato ancora dopo e lo faccio tutt’ora se c’è bisogno, ma di fatto lì si è conclusa una parte della mia carriera. Quando decisi di andare via, era solo perché la vita mi richiedeva di concentrare le attenzioni sul percorso lavorativo. In realtà lo spostamento è stato solo fisico, sportivamente è come se fossi ancora lì».
Scusa, ma giochi ancora?
«Qui a Torino sono nello staff tecnico del Savigliano in C1. Svolgo il ruolo di preparatore dei portieri, vice allenatore e se c’è bisogno… difendo i pali. Però stavolta smetto sul serio, magari organizzo una festa d’addio in cui coinvolgo pure la Canottieri».
Con Belluno è sempre stato affetto e stima reciproca.
«Sì, senza dubbio. La Canottieri è grande, perché sono grandi le persone che la compongono. Hanno sempre trattato i giocatori come persone, non da semplici numeri di cui disfarsi appena non ve ne era più bisogno. L’ambiente l’ho considerato una vera e propria famiglia, quindi provo questo forte legame. Se devo citare un paio di nomi, Alessio ed Alvise Bortolini rappresentano dei punti fermi della mia vita».
Domanda più tecnica. Eri in campo negli anni in cui gli italiani nel futsal erano una rarità. Adesso se la Canottieri dovesse andare in A2 potrà schierare solo un paio di stranieri “non formati”. Giusto o sbagliato?
«Giusto e spiego il perché. Durante il mio percorso ho stretto forti legami d’amicizia con brasiliani, argentini, uruguaiani e così via. Quelli bravi davvero, il campo lo hanno sempre visto e continueranno a vederlo. Al tempo stesso, se un giocatore straniero non dà quel qualcosa in più rispetto magari ad un giovane italiano, allora è giusto cercare di valorizzare colui che magari potrà dare una mano in futuro alla nazionale e così via. È corretto favorire la presenza di stranieri di qualità da affiancare a bravi italiani, i quali non mancano di certo».
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