Il lungo viaggio di Abubakar

MAS DI SEDICO. Abubakar Makingwa Mustapha quando è arrivato al Fiori Barp non lo conosceva quasi nessuno. Ma dopo il ko con il Sarmede, più di un tifoso si rammaricava della sua assenza. Ed eravamo solo alla quarta giornata. In effetti le sue reti le aveva già segnate in avvio di stagione, ma uno stiramento lo ha tolto dai giochi contro i trevigiani. Resta però bello capire la strada che ha portato questo giocatore dall'eccellenza siciliana con il Licata alla frazione del Mas, dove con l'amico Ibrahim “Momo” forma una coppia d'attacco super per la categoria.
«È merito suo se sono arrivato. Siamo nati nello stesso paese in Nigeria e ci conosciamo fin da bambini. Quando ci siamo sentiti in estate mi ha detto che c'era un presidente bravo e volevano gli dessi una mano per giocare un campionato a livello alto. Eccomi qui».
Dal sud al nord. A dirla tutta, Abubakar si era già acclimatato con il freddo del nord Italia. Nel 2012 era a Vittorio Veneto. Non una grande esperienza, però. «Non mi sono trovato granché, per cui sono tornato in Sicilia dove ero arrivato nel 2008. Ho notato belle differenze tra i due modi di concepire il calcio: al sud è più fisico, qui l'aspetto tattico tende a prevalere. Poi chiaro, stiamo parlando di un'Eccellenza rispetto ad una Seconda: nel primo caso si parla di giocatori che lo fanno per lavoro, mentre qui si gioca dopo lavoro. Ma sono contento di essere qui, c'è un grande gruppo e si sta bene».
In Nigeria, fino al 2008, il calcio era pane quotidiano per Abubakar che se la cavava anche a buon livello. «Militavo al Kaduna United, della prima divisione nigeriana, la massima serie locale. A dir la verità facevo più panchina che partite da titolare, ma poter scendere in campo con la squadra della propria città era già una soddisfazione di per sé».
Nuove esperienze. Si sa, il calcio non ha confini. Ed allora ecco questa possibilità di andare a misurarsi con il calcio italiano.
«Una persona mi ha portato per provare ed è andata subito bene. Ero con il Campobello di Licata, che poi è diventata solo Licata (grazie all'acquisizione del titolo sportivo da parte di imprenditori locali). Solo che adesso volevo cambiare perché mi interessava trovare il modo di lavorare e continuare a giocare».
L'attaccante, che si definisce una seconda punta con possibilità di svariare sull'esterno, non conosce il girone R di Seconda ma un'idea sugli obiettivi se l'è fatta. «Questa squadra sta crescendo, possiamo fare bene da quello che vedo. Poi il campionato è lungo e di sicuro abbiamo tanto tanto da lavorare per arrivare ad un livello alto».
D'altronde la ricetta per vincere è sempre quella, sia che siamo in Nigeria o a Vittorio Veneto, Licata o Mas di Sedico; non è forse il bello del calcio, o dello sport in generale? (dapo)
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