Dolomiti Bellunesi in C. Paolo De Cian e la fusione: «Siamo la squadra della provincia»
Il presidente al settimo cielo, anche per la proposta di matrimonio alla fidanzata Debora. Le parole dei giocatori dopo il trionfo

La gioia infinita e le dediche del presidente. Di più: la proposta di matrimonio alla morosa Debora. È al settimo cielo Paolo De Cian, numero uno e primo tifoso della Dolomiti Bellunesi. «Sono al vertice di una società formata da un gruppo di persone che quattro anni fa hanno creduto in questa fusione. Erano 50 anni che ci mancava la C: vent’anni fa era la C2, questa è la C vera», esulta De Cian.

Tra complimenti e abbracci, proposte di difensori e inviti a sponsorizzare al volo. «Uno spettacolo. Una festa bellissima. Abbiamo raggiunto l’obiettivo: ora cerchiamo di mantenerlo», continua il presidente. «Da lunedì si inizia già a pensare alla prossima stagione. Ma oggi grazie a tutto il mio staff e a chi ci ha fatto arrivare fin qua: è un lavoro di gruppo. Senza quello, non succedeva niente. Avevamo programmato di salire in quattro anni, prima delle Olimpiadi: siamo stati bravi, ce l’abbiamo fatta. All’inizio la gente forse non capiva cosa volevamo fare. Però la nostra idea è sempre stata “la nostra squadra deve essere la provincia”. Oggi è stata la consacrazione. La Dolomiti Bellunesi non è Belluno, non è Feltre, non è Sedico, ma l’intera provincia».
Quando poi gli si chiede a chi dedica la promozione, De Cian subito pensa «a due persone che ci hanno lasciato. Innanzitutto a Sergio De Cian, che dieci anni fa ci ha detto “Voi potete andare in Serie C”. Adesso, io caratterialmente sarei come lui: “Pensiamo alla B”. Però intanto godiamoci la C. E poi a Mauro De Menech, altro nostro ex dirigente, che abbiamo ricordato il primo maggio assegnando ad un ragazzo una borsa di studio in suo onore. Sarebbero stati contenti di essere qui oggi a festeggiare con noi. Due personaggi che guardavano avanti con passione».
LE PAROLE DEI GIOCATORI
Perez piange, Chiesa ripensa alla scelta estiva di tornare a casa e capitan Tommy Cossalter forse neppure riesce a realizzare quanto accaduto ma sottolinea la meraviglia di scendere in campo di fronte a duemila persone. Prima di abbandonarsi alla lunga notte di gioia, i giocatori adempiono alla più bella intervista della loro vita.
«È da metà luglio che lavoravamo per questo obiettivo», esordisce Giacomo Marangon, dopo essersi fatto largo tra una folla di bambini che lo guardano con lo stesso stupore con cui si guarderebbe Lamine Yamal. Con le dovute proporzioni, è pur sempre il talento più puro della serie D. «Nessuno ha mai parlato di vincere il campionato, eppure ognuno di noi sapeva che la squadra aveva potenzialità importanti. Siamo cresciuti tanto, settimana dopo settimana, sino all’epilogo odierno in cui avevamo in testa un solo risultato».
Viene facile pensare alle sfide della svolta, come la doppia affermazione ottenuta contro il Cjarlins tra andata e ritorno, il pesante filotto di affermazioni casalinghe e così via. «Ma secondo me non c’è stato un istante preciso nel quale abbiamo vinto. Di sicuro eravamo reduci da un secondo posto e di conseguenza l’ambizione era un ulteriore salto di qualità. È poi il motivo per il quale ho scelto di rimanere qui alla Dolomiti. Adesso mi godo una festa attesa personalmente da oltre una decina d’anni, quando venni promosso con il Delta Porto Tolle».
Interrompe l’intervista Perez, che si lascia andare al coro “Sai perché mi batte il corazon, ho visto Marangon…”. Giacomo prova a rimanere serio. «Ecco, Pablo se lo merita questo trionfo. Ha dovuto fare i conti con un infortunio importante, eppure è sempre rimasto al nostro fianco, motivandoci. Una persona bellissima. Le altre dediche? Per tutti, famiglia compresa: non mancano mai».
Certo, tutti vorrebbero vedere Marangon nel professionismo con la maglia della Dolomiti. «Io qui sono stato benissimo fin da quando sono arrivato a dicembre 2023. Ne parleremo con calma, ma la certezza è che voglio bene a chiunque faccia parte di questo ambiente».

Eccolo Pablo Perez, leader assoluto dello spogliatoio e vera e propria anima, nonostante di fatto i soli due mesi in cui ha potuto portare il suo contributo causa un terribile guaio al piede. «È una sensazione indescrivibile», dice con la voce rotta dal pianto. «Ho sofferto tantissimo, perché il dolore era forte e non si trovava la soluzione. Ma non c’è una persona che non mi sia stata vicina e io adesso voglio essere qui a metà luglio a preparare la serie C con la Dolomiti».
Arriva poi chi la fascia da capitano l’ha ereditata e onorata. Thomas Cossalter è feltrino e per una settimana il rigore sbagliato a Noale lo aveva tormentato. Il destino però non doveva e non poteva essere così crudele con uno dei pilastri da cui senza dubbio la Dolomiti ripartirà. «Se questa giornata conclusiva non fosse andata come doveva… Meglio non pensarci. Per il resto non so cosa dire, devo ancora metabolizzare le mille sensazioni provate. Tuttavia una certezza la ho. Due anni fa ci seguivano sì e no 300 persone, invece negli ultimi mesi avevamo sempre più gente al seguito, in casa e in trasferta. Guardare gli spalti oggi è stato impressionante e se lo meritano le persone che hanno trasmesso i valori della fusione. In primis, il presidente. E poi Perez, senza dubbio: lui è stata una delle chiavi del trionfo. Il sogno è continuare a essere seguiti così in serie C, dando seguito a quel legame sognato fin dal giorno della fusione».
A proposito di bellunesi, Denis Chiesa se ne era andato proprio nell’estate del 2021. Dall’allora Belluno alla Reggiana, verso la serie C. I successivi tre campionati non sono stati facilissimi per lui e quando in estate è tornato, gli avevamo chiesto se lo ritenesse un declassamento.
«Uno dei giorni più belli della mia vita calcistica. A livello personale è una rivincita, avendo visto poco la luce in estate. Lo avevo promesso: non era una vacanza tornare in provincia, bensì l’occasione di rilanciarmi affinché avessi l’opportunità di tornare nel professionismo. Ce l’abbiamo fatta!».
Denis “Church” invece non ha dubbi sul quando la Dolomiti ha vinto questo campionato. «Tra fine novembre e dicembre eravamo in calo fisico, eppure di punti per strada ne abbiamo lasciati pochi al di là delle due sconfitte con Treviso e Lignano. Il Treviso invece nella fase più complicata ha perso parecchie gare e significa essere stati più bravi».
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