Bartali: «Coppi, sei un acquaiolo»

La frase leggendaria fu detta durante la Trieste - Pieve di Cadore
Una foto d’epoca con il campionissimo Fausto Coppi
Una foto d’epoca con il campionissimo Fausto Coppi
 
BELLUNO
. E' il 1940, da lì a pochissimo l'Italia riscoprirà le sofferenze della guerra, con il secondo conflitto mondiale alle porte, ma nel maggio di quell'anno gli appassionati di ciclismo scoprono colui che passerà alla storia con un soprannome importante il «Campionissimo». La ventottesima edizione del Giro d'Italia parte da Torino.  Con la maglia della Legnano fa l'esordio «rosa», al suo primo anno tra i professionisti, il piemontese Fausto Coppi, scelto come gregario proprio da Gino Bartali, il grande favorito, reduce dal successo alla Sanremo e vincitore della corsa nel 1936 e nel 1937.  Ben presto Gino Bartali esce dai giochi per la vittoria finale del Giro del 1940, a causa di alcune cadute, e decide di aiutare il giovane Coppi, che nel frattempo aveva preso la maglia rosa nell'11ª tappa, la Firenze - Modena. Il Campionissimo sembra destinato al successo, quella maglia rosa gli si addice, ma nella 16ª tappa, sulle nostre strade, vive una delle giornate più nere, soffrendo di una di quelle crisi terribili che di tanto in tanto lo prendevano. Quel 4 giugno la carovana parte da Trieste per Pieve di Cadore, con Coppi saldamente in maglia rosa e davanti a sé il Falzarego, il Pordoi e il Sella.  Sul versante bellunese del passo Pordoi, lungo i tornanti che da Arabba salgono verso la cima, l'Airone va in crisi, qualcuno dirà a causa di uova mal digerite. Gino Bartali precede di qualche decina di metri Fausto Coppi, quando si accorge che il giovane compagno di squadra soffre di fortissimi dolori alle gambe, tanto da scendere di bicicletta, metter piede a terra e palesare l'intenzione di abbandonare la corsa.  La «cotta» patita dall'Airone è tremenda. «Ginettaccio» se ne accorge, torna indietro, si ferma accanto a Coppi e con il tono colorito del suo accento toscano gli ricorda che entrambi sono figli di genitori di estrazione umile, che hanno avuto difficoltà economiche per assecondare la passione dei figli e, per tali ragioni, non vanno delusi.  Per far scattare la molla dell'orgoglio in quel giovane, Bartali prende la faccia di Coppi la spinge dentro la neve, quindi gli butta un po' di neve dentro la maglietta e lo rimette in sella. I due stanno ripartendo e Bartali urla a Coppi una delle frasi che rimarrà nella storia del ciclismo di tutti i tempi: «Coppi sei un acquaiolo! Ricordatelo sei solo un acquaiolo».  Così dicendo, il campione di Ponte a Ema intendeva sottolineare, nel gergo toscano, che chi non beveva un po' di vino, ma solamente acqua, era uno dal carattere poco determinato. La scossa servì. Fausto Coppi si riprese e a Pieve di Cadore tenne la maglia. Il giorno dopo, nella tappa che dal bellunese portava a Ortisei, Bartali e Coppi salutarono tutti. Gino vinse la corsa, Fausto rafforzò il primato, preparandosi ad arrivare a Milano in rosa, diventando il più giovane vincitore del Giro, a soli 20 anni, un primato tuttora imbattuto.

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