Medici gettonisti, stop alle coop. Per i Pronto soccorso veneti ora c’è il rischio disagi
Dal 1 agosto niente più nuovi contratti ai medici nella sanità pubblica con cooperative esterne. I sindacati: «Servono soluzioni reali o il sistema rischia di non reggere l’impatto del cambiamento»

Il momento della verità. Il giro di vite sulle cooperative private, che gestiscono in appalto interi servizi della sanità veneta, prenderà il via domani. Stop ai nuovi contratti, con la possibilità di mantenere quelli in essere, che andranno naturalmente in scadenza.
Una decisione, assunta dal governo, per correggere una stortura evidente: l’assegnazione, a esterni, di interi servizi di sanità pubblica, con enormi disparità di trattamento economico tra i cosiddetti medici a gettone e i dottori assunti direttamente dal Servizio sanitario nazionale.
Lo stop
Ma anche una decisione che, pur se non nell’immediato, potrebbe progressivamente impensierire, e non poco, la nostra sanità. Costretta a fare a meno a tutto quel personale che, finora, le era stato necessario.
I numeri del Veneto sono questi: un migliaio di lavoratori esterni, dei quali 393,3 medici, 181,4 infermieri e 196,7 oss full time equivalent; ai quali aggiungere le varie figure tecniche e amministrative.

Pierino Di Silverio, segretario del sindacato dei camici bianchi ospedalieri Anaao Assomed, parla di un rischio, magari non immediato, ma assolutamente reale. «Al momento – dice – non risultano situazioni di particolare criticità, dato che l’attività di questi professionisti potrà continuare fino alla scadenza dei rispettivi contratti».
E allora le criticità si paleseranno progressivamente, allo scadere dei singoli contratti, che non potranno essere rinnovati.
E avviene, peraltro, in pieno periodo di vacanze estive. «Il vero rischio è che i medici ospedalieri non riescano ad andare in ferie, a causa della carenza di personale – dice – ma, questo, indipendentemente dai gettonisti».
A livello nazionale, secondo le stime di Simeu (la Società della medicina di emergenza-urgenza), il 18% delle carenze di organico nei pronto soccorso è coperto con medici delle cooperative.
I contratti
«Con contratti che, per il 42 %, scadranno da qui a tre mesi. Mentre, in alcune strutture, i “medici a gettone” arrivano a coprire oltre il 60% dei turni» dice il presidente di Simeu, Alessandro Riccardi, «E allora è ovvio che, con il termine dei contratti, sia pure progressivo, la carenza di organico si aggraverà, con un forte impatto sul servizio ospedaliero».
Massimiliano Zaramella, chirurgo vascolare al San Bortolo di Vicenza e presidente del Consiglio comunale cittadino, ha scritto una lettera al presidente Zaia, al suo omologo in Regione Roberto Ciambetti e all’assessora alla Sanità Manuel Lanzarin. Stigmatizza il ricorso massiccio ai medici reclutati tramite cooperative, ma chiede all’esecutivo veneto di misurarsi con la realtà, faticosissima, degli ospedali.
«Non intendo difendere modelli organizzativi sicuramente discutibili – scrive – ma invitare a una riflessione pragmatica e responsabile sui tempi e sui modi di una transizione che, per essere sostenibile, deve prevedere soluzioni reali, già disponibili, e non solo auspicate».
E quindi la consapevolezza di un sistema “storto”; ma pure la consapevolezza che è proprio questo sistema ad avere salvato la sanità, finora.
Le alternative
Una soluzione alternativa, già adottata dai punti di primo intervento di Jesolo e di Auronzo di Cadore, è quella dei cosiddetti appalti genuini, che funzionano con l’esternalizzazione di interi reparti o servizi. Mentre continuerà la possibilità di ricorrere ai medici esterni, assunti direttamente dalle aziende sanitarie con contratti libero-professionali.
Tempo fa, Azienda Zero ha attivato un nuovo bando “aperto”, per richiamare medici dell’Emergnza-urgenza: il settore più sguarnito. Segue di alcuni mesi l’ultimo concorso, vero e proprio, per reclutare medici da distribuire tra le diverse aziende sanitarie. Si sono presentati in 128, dei quali solo 38 specialisti. I rimanenti: 12 specializzandi e ben 78 neolaureati.
«Mancano medici, c’è poco da fare» è costretto a ripetere Giovanni Leoni, presidente veneto di Cimo-Fesmed, «E finché non si agirà sulle motivazioni del problema – stipendi inadeguati, carichi di lavoro eccessivo, uno scarso riconoscimento del ruolo – la nostra professione non tornerà a essere attrattiva. Azienda Zero continua a bandire concorsi, che vanno sistematicamente deserti. Non siamo assolutamente dei sostenitori del lavoro delle cooperative. Ma, a queste condizioni, farne a meno potrebbe essere un lusso che non ci possiamo permettere». —
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