Regionali in Veneto, sciolto il rebus: si vota in autunno
Niente proroga alla primavera del 2026, il parere: «Solo una norma nazionale può cambiare la finestra di voto». Ora la palla passa ai partiti

Niente proroga per l’amministrazione regionale di Luca Zaia. Il rinnovo del presidente della Regione sarà il prossimo autunno e non nella primavera del 2026, come sarebbe stato possibile applicando la “finestra” concepita dalla legge elettorale veneta.
Il Consiglio di Stato ha chiarito questo conflitto con la norma nazionale: quindi si voterà entro i 60 giorni successivi al termine dell’attuale quinquennio di legislatura, al più tardi domenica 23 novembre 2025. Dopo la conferma della Corte Costituzionale del limite dei mandati per i governatori delle regioni a statuto ordinario, ecco superata l’altra incognita.
Adesso mancano solo i nomi dei candidati presidente, sia nel centrodestra che nel centrosinistra. Ma lo scacchiere è molto complesso.
Le motivazioni
Il chiarimento è arrivato a seguito di una richiesta formale del presidente della Regione del Veneto, formulato con il suo ufficio legislativo.
“A prescindere dal carattere eccezionale dei presupposti di fatto su cui è stata fondata la proroga disposta dal legislatore statale nel 2020, deve considerarsi che la proroga della durata degli organi elettivi necessiterebbe in ogni caso di una espressa previsione normativa che la contempli”, scrivono i giudici. E ancora: “La norma regionale non può che cedere a fronte della norma statale con essa incompatibile, potendo trovare nuovamente applicazione soltanto nell’ipotesi in cui, in futuro, la finestra temporale da essa contemplata dovesse tornare ad essere compatibile con i termini stabiliti dalla legge statale”.
Dunque non è una legge regionale che può cambiare la finestra elettorale, semmai una norma nazionale. Viene infatti richiamato l’articolo 117 della Costituzione, un richiamo alla coerenza “con i principi della periodicità delle elezioni e della regolarità degli intervalli tra un’elezione e l’altra, sanciti da molteplici fonti sovranazionali vincolanti per lo Stato italiano, a tutti i livelli di governo”.
L’eventuale rinvio al 2026, secondo il Consiglio, configurerebbe quindi una proroga illegittima degli organi eletti, in contrasto con i principi democratici, con la Costituzione e con gli obblighi in materia di regolarità delle elezioni.
Il parere, elaborato dal consigliere Davide Miniussi e approvato dal presidente Carlo Saltelli, chiude ogni spazio interpretativo. Nessuna eccezione è ora giustificabile.
I movimenti nelle coalizioni
Adesso la palla passa ai partiti, in considerazione del fatto che mancano circa 7 mesi alle elezioni. Il centrodestra parte in vantaggio, in virtù del consenso che storicamente ha in Veneto. Tuttavia, la situazione si è notevolmente complicata rispetto agli ultimi 15 anni. Anzi, è proprio il caso di dire che è in atto un cambio antropologico.
Dopo una lunga stagione di strapotere della Lega, c’è il partito di Giorgia Meloni che sta dilagando in termini di consensi. Come è naturale che sia, Fratelli d’Italia cercherà di riempire spazi di potere, per provare a prendere le redini di una delle regioni locomotiva d’Italia.
A questo proposito, dopo mesi in cui si dava quasi per scontato che il candidato presidente sarebbe stato leghista, da qualche giorno c’è chi profetizza che l’aria sia cambiata e che Giorgia Meloni non sia disposta a cedere una regione come il Veneto. Girano anche due ipotesi.
Nel caso in cui la Lega accetti, i candidati potrebbero essere Luca De Carlo o Raffaele Speranzon. Nel caso in cui la Lega decida di rompere per correre da sola, la candidata sarebbe Elena Donazzan. Fantasie da calciomercato? Può essere, ma questo è ciò che si mormora nella politica veneta.
E poi c’è il centrosinistra, in preoccupante ritardo con la scelta del candidato ma può provare a incunearsi nelle crepe della coalizione avversaria. La scelta potrebbe ricadere su un civico, fonti interne non esitano a definire proficua l’ultima settimana trascorsa.
Il segretario regionale del Pd Andrea Martella potrebbe essere riuscito a trovare l’accordo con le altre forze del campo progressista.
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