«Aiutatemi, non so più cosa fare per salvare mia madre dal compagno: ha tentato di ucciderla»
L’appello disperato di una giovane di 21 anni che ha denunciato per maltrattamenti l’uomo: «Ha provato a strangolarla davanti alla loro bimba di soli 6 anni, che assiste a violenze continue»

«Siete la mia ultima possibilità. Voglio poter dire di averle provate tutte per aiutare mia mamma». Ha solo 21 anni la ragazza che bussa alla porta della redazione del Mattino di Padova. È impaurita, ma anche molto determinata. Chiede che qualcuno ascolti la sua storia che, racconta, rischia di finire nel peggiore dei modi se continuerà a restare chiusa tra le mura di casa. Sua madre è da anni vittima di violenze fisiche e psicologiche da parte del compagno, che nonostante tutto continua a proteggere, perdonare, giustificare.
«Io non ce la faccio più a vederla così», racconta la giovane. «Ho paura che prima o poi succeda qualcosa di irreparabile».
Il 20 dicembre la ragazza ha deciso di fare quel passo che la madre non riesce a compiere. Si è presentata alla stazione dei carabinieri di Abano Terme e ha sporto denuncia. Con sé ha portato diversi file audio. Registrazioni di urla, di pianti, di confidenze in cui la madre racconta di essere stata insultata, picchiata. «Mia mamma con quest’uomo ha una figlia di 6 anni e io sono preoccupatissima per lei», aggiunge, spiegando anche che la bambina assiste quotidianamente ad aggressioni verbali e fisiche nei confronti della madre.
«Non è umanamente possibile che una persona che dice di volermi bene mi faccia questo», è un audio in cui la donna piange al telefono con la figlia dopo l’ennesima aggressione. «Mi ha appena messo le mani addosso davanti a. .. (nome della bambina ndr), guarda lascia stare».
Davanti alla figlioletta di 6 anni
La goccia che ha fatto traboccare il vaso il 9 dicembre, quando la donna è stata afferrata per il collo dal compagno, che ha tentato di strozzarla. Tutto davanti alla figlia di 6 anni. «La bambina è così abituata o dissociata che davanti alle grida della mamma e alla feroce violenza del papà si è girata e ha iniziato a fare l’albero di Natale, come se nulla fosse», racconta la 21enne.
Da mesi, dice la ragazza, cerca di convincere la madre a denunciare: «È tentato omicidio, mamma» le ha ripetuto dopo l’episodio del 9 dicembre, senza però ottenere nulla. «Lui le fa male in continuazione e lei piange, si dispera, poi lo perdona e lo difende». Oggi che la madre ha saputo della denuncia, è arrabbiata e non parla più alla figlia. «Credo mi odi per questo, ma io lo faccio per lei. Ho troppa paura che possa succedere qualcosa di grave».
Il totale controllo
La violenza non è episodica, ma parte di una dinamica di totale controllo. L’aggressione del 9 dicembre è esplosa per un motivo apparentemente banale: la donna era rientrata con pochi minuti di ritardo da un aperitivo con due amiche. La figlia quella sera l’ha trovata a casa zoppicante, con un braccio immobilizzato e dolori al collo e alla testa. Ma soprattutto con il terrore negli occhi, sotto choc, stordita e indifesa. Il compagno l’aveva afferrata per il collo, urlandole in faccia: «Sei ribelle», l’aveva sollevata di peso, scaraventata a terra e sbattuta ripetutamente contro il pavimento, continuando a strangolarla mentre le ripeteva «Ti ammazzo. Te lo giuro che ti ammazzo».
Tutto davanti alla figlia piccola, che ha reagito cercando rifugio in un gesto automatico e rassicurante, quello appunto di fare l’albero di Natale.
«Una bambina di 6 anni non possiede strumenti emotivi per affrontare una scena così forte», dice la ragazza, «quando la realtà diventa troppo spaventosa, il cervello reagisce con la dissociazione. Fare l’albero di Natale è un modo per cercare normalità in mezzo all’orrore».
Una pistola nell’armadio
E questa non è stata la prima violenza estrema. Nel gennaio 2021 il compagno avrebbe sottratto per un tempo prolungato la figlia piccola, di appena un anno e mezzo, tentando di portarla i sud Italia e di allontanarla definitivamente dalla madre. A bloccarli erano stati i carabinieri. Non solo, la ragazza racconta di come abbia scoperto tempo fa una pistola vera nascosta nell’armadio dell’uomo, poi recuperata dai militari.
«Nel 2017 mia madre è stata costretta a lasciare il lavoro per spacciare droga con lui. Sono stati arrestati. Mia mamma ha fatto 3 mesi di domiciliari, lui 3 di carcere. Sono rimasti insieme, hanno detto di aver smesso, ma la violenza non è mai finita». La figlia racconta anche di episodi ancora più lontani ma indicativi della pericolosità del compagno, come una rapina violenta nel 2008, durante la quale l’uomo avrebbe selvaggiamente picchiato la commessa di una gioielleria del centro Italia.
Essendo coinvolta una bambina di 6 anni, dopo la denuncia i servizi sociali hanno preso in carico la situazione e ora valuteranno più da vicino il contesto familiare. Intanto però la figlia ha scelto di rompere il silenzio. Perché: «Se restiamo zitti, la violenza vince». E perché almeno possa dire di averle provate tutte per salvare sua madre. —
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