Alpini, diventare volontari puri o restare associazione d’arma?
Il dibattito sul futuro dell’Ana, la più grande associazione colonna del sistema di volontariato veneto di terraferma. E torna la richiesta di istituire il servizio civile obbligatorio

Gli Alpini si garantiscono il futuro restando un’associazione d’arma o diventando un’organizzazione di volontariato, ad esempio del Terzo settore? Come saranno inquadrati, domani, i sempre più numerosi “amici degli alpini” che affiancano i veci ed i bocia che hanno fatto il militare? Il dibattito è aperto.
E in provincia di Belluno più che in altri territori. Nella sola Sezione del capoluogo, che sta organizzando il prossimo raduno del Triveneto (dal 16 al 18 giugno, con un prologo sabato 10 giugno con l’apertura a palazzo Bembo della mostra “Il Vajont, l’onda di solidarietà”) i volontari della Protezione civile sono più di 600 ma, ad esempio, a supporto dei loro interventi di solidarietà non possono beneficiare del 5 per mille.
L’Ana ne ha discusso alla recente assemblea di Piacenza, dove il presidente nazionale Sebastiano Favero ha detto a chiare lettere che lo Statuto al momento non verrà modificato, per cui gli Alpini resteranno un’associazione d’arma. Ma l’Ana cercherà di aderire al Codice del Terzo Settore, risalente alla Riforma del 2017, tra l’altro per usufruire delle opportunità previste.
«Condividiamo l’impostazione del presidente Favero, che si propone saggiamente di salvaguardare la nostra identità» puntualizza Lino De Prà, presidente a Belluno «ma si pone l’urgenza di fare i conti con una realtà che disporrà di sempre meno alpini e magari di tanti loro amici che invece avvertiranno l’esigenza di essere normati, come dire?, inquadrati».
A fine 2022 gli alpini in Italia erano 320.068 con un calo di 4.872 pari all’ 1,5% rispetto al 2021, mentre i soci alpini alla stessa data risultavano 237.333 con un calo di 6.027 soci pari al 2,48%.
Per contro, il numero degli amici e degli aggregati ha registrato un saldo positivo di 516 per gli amici e di 639 per gli aggregati.
I gruppi in Italia sono 4.304 con un calo di tre gruppi; infatti, rispetto all’apertura di 8 nuovi gruppi se ne sono chiusi 11 di cui quattro per fusione mentre i gruppi all’estero sono rimasti 98 per un totale complessivo di 4.402 gruppi. In provincia di Belluno il trend percentualmente è analogo; le penne nere sono più di seimila.
«Il nostro statuto all’articolo due» ricorda il presidente nazionale Favero «contiene già tra gli scopi quello del volontariato e della protezione civile, quindi l’adeguamento al codice del Terzo settore potrebbe essere risolto integrando lo statuto con l’elenco delle attività di volontariato che riteniamo di poter fare all’interno di quelle previste dallo stesso codice del terzo settore».
Ma il problema è che il riferimento per l’Ana diventerebbe il ministero del Lavoro. «Ciò è contro le finalità associative e lo Statuto in quanto noi siamo e vogliamo rimanere associazione d’arma con riferimento al ministero della Difesa che fa anche volontariato e protezione civile» tiene a far sapere Favero.
Da qualche settimana è in fase di presentazione un emendamento alla legge sul Terzo settore che equipara, nell’autonomia, le associazioni d’arma a quanto già in deroga previsto per gli enti religiosi che mantengono la propria identità facendo anche volontariato. «Questo ci permetterebbe di mantenere il nostro essere associazione d’arma pur potendo operare, con le agevolazioni previste dagli enti del Terzo settore, nelle nostre attività di volontariato e di protezione civile» nota Favero.
Resta, a livello centrale Ana (non, quindi, in periferia) la possibilità di devolvere il 5 per mille per la Protezione Civile e Sanità Alpina.
È strettamente collegato a questo tema il dibattito sul servizio civile obbligatorio, attraverso il quale l’Ana spera di fermare la progressiva emorragia di associati.
«Parlamento e governo raccolgano le nostre richieste del ritorno di un servizio obbligatorio per la Patria» è stato l’appello rilanciato dal presidente a Piacenza «magari in forme e modalità da concordare come in parte prevede già la legge 119 del 2022 o come dalla disponibilità dichiarata, dopo essere stata alla nostra adunata di Udine, dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni e ribadita dal ministro della Difesa Guido Crosetto.
Per cui sembra aprirsi uno spiraglio all’interno del quale dovremo essere capaci di fare breccia. L’attualità di quanto sta succedendo nella vicina Ucraina dovrebbe far comprendere a tutti che, come dice la nostra Costituzione, la difesa della Patria è un sacro dovere di tutti i cittadini».
A Piacenza il presidente Favero ha concluso la sua relazione morale con un appello che vale per l’adunata nazionale di Vicenza, il prossimo anno, ma anche per il Raduno Triveneto di Belluno: «Dobbiamo far tesoro di quanto è avvenuto ad Udine, dove c’è stata stretta collaborazione tra le varie componenti in particolare sul tema della sicurezza e del rispetto comportamentale, cercando se possibile, almeno nella zona centrale della città, di portare e far vivere l’autentico clima delle nostre adunate con la presenza dei nostri cori anche spontanei e delle nostre fanfare evitando musica non consona ad alti decibel. L’impegno di tutti è che le nostre Adunate tornino ad essere per gli alpini e con gli alpini». —
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