Alfredo Polin, da Treviso a Barcellona: la rinascita di un giovane pasticcere dopo tre incidenti

Il 25enne di Carità ora lavora a Barcellona e vuole aprire un locale tutto suo in Spagna: «Dopo tre incidenti stradali ho trovato il mio equilibrio e la svolta: ritmi meno frenetici»

Pietro Nalesso
Alfredo Polin
Alfredo Polin

L’ambizione di diventare un maestro e un percorso di cadute, risalite e soddisfazioni uniche. È il cammino di Alfredo Polin, pasticcere di Carità di 25 anni.

Lavora a Barcellona per Gramola Lab, è stato vittima di tre incidenti stradali, porta ancora le conseguenze dell’ultimo con alcuni danni permanenti al petto. Ha frequentato il Cfp Lepido Rocco di Lancenigo per 4 anni, ottenendo un diploma che permette di aprire un’attività in Italia, ma che all’estero viene riconosciuto come più importante.

Alfredo Polin
Alfredo Polin

Ha lavorato per la pasticceria Trecento, che ha chiuso nel 2019, per la pasticceria Adriana di Villorba, per l’Antico Morer e da Max. È stato scoperto da Biasetto mentre lavorava nel ristorante Da Guido a Jesolo, si è spostato a Padova prima e a Brescia poi, dove è entrato alla corte di Iginio Massari, uno dei padri della pasticceria contemporanea.

Ma da Massari ci è arrivato quasi per caso, vero Polin?

«Mentre ero da Max un mio collega ha mandato il curriculum al posto mio. Mi hanno chiamato mentre ero in montagna senza che sapessi nulla, non passavo un periodo facile emotivamente. Ho fatto un colloquio in videochiamata e lì mi hanno assunto. Mi sono trovato molto bene, ma volevo fare di più, sono uscito dall’Italia e mi sono lanciato in una nuova esperienza a Barcellona. La pasticceria di Iginio era diventata più industriale, ma ho sempre ascoltato i suoi consigli e ricevuto il suo supporto nelle mie difficoltà personali».

Ha tenuto alcune lezioni nell’istituto superiore che ha frequentato, come si è presentata l’opportunità?

«Un mio ex-professore, Emanuele Bianchin, si ricordava di me e mi ha invitato a salutarlo. Passavo regolarmente lì durante la mia ultima convalescenza, poi ho cominciato a seguire il lavoro dei professori, ho risposto ai ragazzi e mi sono confrontato con loro. È stata una bellissima esperienza a livello umano, la ripeterei».

Che ruolo ha avuto la pasticceria nella sua vita?

«È sempre stata una valvola di sfogo, ho passato momenti di nervosismo perché non riuscivo a lavorare bene come prima, poi ho recuperato. Anche alzare i sacchi di farina era difficile, sono esigente con me stesso e in alcuni momenti faticavo dal punto di vista fisico. Ma ho ripreso ritmo, gioco a pallavolo a livello agonistico. Tutte le conseguenze degli incidenti si riflettono più a livello psicologico, ti senti frenato».

Com’è il Massari collega?

«Un grande uomo, mi è sempre stato vicino e mi ha sempre aiutato nonostante sapeva che sarei andato via poco dopo il mio ultimo incidente. È severo, ma lo subisci solo se non sei ambizioso: è sempre stato onesto con me e questo l’ho sempre apprezzato».

Cosa le ha lasciato la ristorazione trevigiana?

«Non mi sentivo a mio agio, in Spagna mi sento più aiutato, a Treviso ricevevo soprattutto critiche. Giuseppe Zamparo invece, ex-titolare della pasticceria Trecento, mi ha messo l’anima in corpo, mi ha dato la consapevolezza che prima non avevo. Troppe volte da noi i giovani fanno stage per lavare o pulire, in altri contesti ti insegnano il mestiere veramente».

Qual è il suo desiderio?

«Aprire una pasticceria, magari più di una, ma a Barcellona finalmente sono felice. Mi sono stabilizzato, faccio il mio mestiere in maniera artigianale. I ritmi sono meno frenetici rispetto a quelli italiani, finisco nel pomeriggio e ho l’occasione di fare altre attività». 

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