La campagna Cgil sul referendum: «Le donne protagoniste del voto»

L’appello alla partecipazione per l’8 e 9 giugno: «Il lavoro femminile è più precario e povero, stipendi il 33% inferiori a quelli degli uomini»

Giulia Basso
Il convegno della Cgil a Trieste (Bruni)
Il convegno della Cgil a Trieste (Bruni)

«L’appello all’astensionismo è qualcosa di indegno per la democrazia del paese, come lo è il fatto che questi referendum siano silenziati da chi invece avrebbe il dovere di farli conoscere». Sono parole forti quelle di Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil, che a Trieste ha concluso l’assemblea regionale delle donne della Cgil Fvg davanti a oltre 300 sindacaliste, delegate e lavoratrici riunite al cinema Ambasciatori. Un appuntamento strategico a poche settimane dal voto dell’8 e 9 giugno, quando i cittadini saranno chiamati alle urne per i quattro referendum sul lavoro e quello sulla cittadinanza.

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Un cittadino al voto in una foto di repertorio

«Vogliamo rendere le donne protagoniste di questo cambiamento, come è successo nella storia del paese per altri referendum», ha aggiunto Ghiglione, evidenziando l’impatto diretto che i quesiti referendari avrebbero sulla condizione occupazionale femminile: «I dati evidenziano che le donne in questo mercato del lavoro sono particolarmente penalizzate, sono più precarie, molto spesso vittime di licenziamenti illegittimi, con una forte discriminazione legata alla maternità e ai percorsi di carriera».

Un quadro confermato dai numeri presentati durante l’assemblea dalla ricercatrice dell’Ires Chiara Cristini: «Pur essendo terzo in Italia per occupazione femminile, con il 63,9%, il Fvg resta comunque al di sotto della media europea del 66,2%, con un divario di quasi 12 punti percentuali rispetto all’occupazione maschile». A peggiorare il quadro è il dato sul lavoro part time, che in Friuli Venezia Giulia riguarda il 35% delle donne (e il 5% degli uomini): nel 34% dei casi si tratta di una scelta involontaria.

Le donne hanno inoltre una maggiore incidenza di contratti precari (15% contro l’11% degli uomini) e, nonostante rappresentino la maggioranza dei laureati in regione (57%), restano concentrate nelle qualifiche medio-basse e nei settori meno remunerativi. Il risultato? «Gli imponibili retributivi femminili sono inferiori del 33% rispetto a quelli maschili, sia a livello generale che a parità di qualifica», ha sottolineato la ricercatrice.

Daniela Duz, responsabile Pari opportunità della segreteria regionale Cgil, aprendo i lavori, ha voluto rimarcare le conseguenze di questa situazione: «Il lavoro delle donne anche in questa regione è povero, precario e discontinuo, e questo significa in prospettiva futura pensionate povere». E proprio qui si inserisce l’importanza dei referendum: «Se questi referendum passassero, il giorno dopo cambierebbe già tutto: verrebbero abolite le leggi che hanno garantito il precariato, a partire dai primi due quesiti sui licenziamenti illegittimi. Il terzo riguarda la regolamentazione dei contratti a termine con l’inserimento delle causali, mentre il quarto affronta la sicurezza sul lavoro negli appalti».

L’assemblea, che ha visto la partecipazione di lavoratrici provenienti da tutti i settori, si è conclusa con un volantinaggio nelle strade del centro di Trieste. «La campagna la faremo noi donne nelle piazze, perché cambiare queste norme è fondamentale per la dignità delle persone», ha concluso Ghiglione. Un appello chiaro: andare a votare l’8 e 9 giugno per un lavoro «dignitoso, stabile e sicuro», come ha sottolineato Duz, ricordando anche l’importanza del quinto quesito sulla cittadinanza, «un manifesto di civiltà che contribuirebbe a una società più aperta, democratica e inclusiva».

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