Tragedia sfiorata a Venezia: albero cade sui passanti in piazzale Roma, dodici feriti
L’incidente nel primo pomeriggio di lunedì 2 giugno, quando il terminal automobilistico veneziano era invaso dai visitatori arrivati in laguna approfittando della festa della Repubblica. Due donne ferite gravemente

Ha cigolato come una vecchia porta, uno scricchiolio sempre più intenso, poi lo schianto del legno che si spezza e, tra le urla, il fracasso del crollo.
Quindici metri di albero si sono abbattuti sui masegni di fondamenta Cossetti, ai margini di piazzale Roma: i rami, precipitati in mezzo alla folla di una giornata festiva segnata dal bel tempo, hanno travolto oltre una dozzina di persone, in particolare un numeroso gruppo di invitati a un matrimonio in laguna di una coppia di Mestre.
La cerimonia, prevista alle 16 a Palazzo Cavalli, è stata annullata. Un disastro che sarebbe potuto essere tragedia e che, anche così, ha messo alla prova la macchina dell’emergenza veneziana: i vigili del fuoco sono arrivati dalla centrale di Dorsoduro e da Mestre, con autopompe lagunari, un’autopompa e un’autogru; il 118 ha fatto intervenire quattro ambulanze, due idroambulanze lagunari e un’auto medica.

A coordinare le operazioni la polizia locale, assistita dai carabinieri e dagli agenti della questura, ma anche dagli steward di controllo del contributo d’accesso, presenti sul posto.
Dodici, in totale, le persone rimaste ferite e trasportate negli ospedali di Venezia, Mestre e Mirano: undici femmine e un maschio, di cui tre minori e nove adulti.
Le due pazienti più gravi, una del 1986 e l’altra del 1966, sono state ricoverate all’Angelo: la più giovane è stata portata in sala operatoria con un trauma addominale, era seduta sul muretto proprio sotto l’albero - come fanno tutti i giorni e a tutte le ore in tantissimi - e aveva affianco a sé le due figlie di due e sei anni; non gravi, anche loro sono state accompagnate a Mestre e tenute in osservazione, l’azienda sanitaria ha attivato per loro l’affiancamento psicologico dell’équipe di Psico emergenza.
La madre neanche quarantenne è stata inizialmente soccorsa da uno psicologo del Serd vestito della pettorina da verificatore del ticket: è stato lui a praticare la prima procedura di rianimazione sulla donna. La 58enne, invece, ha riportato ferite al torace ed è stata ricoverata all’ospedale di terraferma in area rossa.
Altre cinque persone sono state portate dai sanitari al Civile, tutte in condizioni meno gravi: tra loro una donna statunitense, classe 1965, in osservazione per un possibile trauma cranico; all’ospedale di Venezia sono state soccorse anche una mamma e una bambina di 11 anni, originarie della Moldavia, una donna italiana del 1998 e un 39enne, anche lui italiano e unico uomo finito sotto i rami.
Altre tre donne, non gravi, sono state trasportate a Mirano: una statunitense nata nel 1955 con un trauma al volto e altre due italiane, tutte e due classe 1996 e entrambe con ferite lievi. I pronto soccorso del territorio hanno ricevuto anche tante altre persone arrivate per farsi visitare con mezzi propri - un padre e un figlio, a Mestre, e numerosi altri a Venezia.
Il leccio che è caduto lunedì 2 giugno, poco prima delle 15, da anni si sporgeva oltre i muretti dai giardini verso il ponte del Prefetto e, soprattutto, era divorato da una malattia che ne aveva scavato il tronco dall’interno.
Dopo l’incidente, online rimbalzava la richiesta di intervento avanzata da un cittadino ancora il 14 marzo: «Dobbiamo aspettare che cada sopra qualcuno perché si faccia qualcosa?», si domandavano già allora in tanti. In verità i tecnici comunali avevano compiuto un sopralluogo solo pochi giorni fa, senza trovare particolari criticità.
Ora, certo, saranno eseguiti ulteriori approfondimenti: «L’albero, o meglio quello che ne resta, è sotto sequestro, così come l’area intorno», ha confermato il vicecomandante della Locale Gianni Franzoi, «Abbiamo fatto in modo di soccorrere tutti i feriti e di assicurare il corretto svolgimento di tutte le operazioni d’emergenza».
Questo si è tradotto anche nella necessità di allontanare un discreto numero di curiosi armati di smartphone, arrivati dopo il fuggi fuggi iniziale causato dal primo botto.
«Le bambine salve per un soffio, massaggio cardiaco alla madre»
Nel momento in cui il leccio si schiantava al suolo, lo psicologo in forza al Serd, Alberto Moschin, si trovava all’ingresso dei giardini Papadopoli a controllare i ticket d’accesso come ufficiale di controllo.
Il turno stava per volgere al termine, meno di un’ora e sarebbe tornato a casa. Poi un botto, a pochi metri di distanza. Moschin non ci ha pensato due volte e ha attraversato il ponte di corsa, per vedere cosa fosse successo. Il leccio a terra, le grida, la paura, i feriti.
Moschin ha tenuto i nervi saldi, l’adrenalina in corpo e la preparazione l’hanno fatto avvicinare alla donna riversa a terra. Non c’era tempo per pensare, sapeva che ogni secondo era prezioso. Così, le ha fatto il massaggio cardiaco nell’attesa dell’arrivo dei soccorsi. Per dieci lunghi minuti, le mani di Moschin si sono sostituite al cuore della donna, per cercare di farlo tornare a battere da solo.
«Ho sentito come delle lamiere che si rompessero, poi le urla delle persone», racconta, «ho immediatamente cercato di rianimare la donna, che era molto grave. È rimasta per dieci minuti senza ossigeno al cervello. Con lei, anche le sue due bambine, che si sono salvate per miracolo. Poco distante da lei, l’altra donna ferita in maniera importante, con una frattura alla spina dorsale a causa della botta del tronco». Sul posto, interviene anche un altro medico fuori servizio.
All’arrivo dei soccorritori, Moschin si fa da parte e, ad adrenalina finita, ha bisogno di sedersi, di bere, di metabolizzare. Mentre racconta alle forze dell’ordine ciò che ha visto, a pochi metri da lui le due bimbe sono sedute sulle ginocchia di due vigilesse. Nei loro vestitini bianchi da cerimonia e con i capelli raccolti in due trecce, guardano il viavai dei pompieri e del personale sanitario che fascia, mette cerotti, prova la pressione e osculta il cuore. Senza capire del tutto ciò che sta succedendo, cercando con gli occhi la loro mamma che è già stata portata in ospedale, si stringono alle vigilesse, due braccia rassicuranti nel caos della situazione. «Passo spesso di qua», prosegue Moschin, «se fosse caduto in un altro momento sarebbe potuta essere una strage. Oltre alle tante persone che passano quotidianamente, di frequente i gruppi si siedono proprio sotto gli alberi» conclude, ancora con il fiato corto.
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