Medicina senza test d’ingresso: semestre di corsi e tre esami per accedere alla facoltà, ecco le nuove regole

Dal 1° settembre il “semestre aperto” per 60 mila aspiranti medici. Tre prove scritte da 31 domande decideranno chi accederà ai 21 mila posti disponibili. Polemiche sul sistema e tempi stretti per le università

Costanza Francesconi

Saranno le singole università a formare per sei mesi - se in presenza o a distanza resta ancora da decidere - i circa sessantamila aspiranti medici (stimati) con una full immersion di chimica e propedeutica biochimica, fisica e biologia. Tre prove conclusive, tante quante le materie insegnate, determineranno invece quanti e quante di questi avranno in effetti conquistato l’accesso alla facoltà di Medicina, una volta finito il «semestre aperto».

Esami scritti da 31 quesiti l’uno, a cui rispondere in 45 minuti, per un totale di 93 domande: ecco la formula dell’accesso «programmato» a Medicina, e non più a numero chiuso, secondo le indiscrezioni che nelle ultime ore sono circolate dal ministero dell’Università e della Ricerca a proposito della riforma voluta dalla ministra Anna Maria Bernini. Sulle novità introdotte continua tuttavia a pesare e far discutere la mancanza di decreti attuativi ministeriali, essenziali a ciascun ateneo dal Veneto alla Calabria per mettere a fuoco in autonomia le strategie possibili.

Corsi ed esami

Le anticipazioni profilano più chiaramente come saranno strutturati gli esami nello scenario che abolisce i test d’ingresso. Per ciascun insegnamento (chimica e propedeutica biochimica, fisica e biologia) gli atenei sono chiamati a disciplinare i piani di studio e relativa metodologia didattica.

Finiti i corsi, da 6 crediti formativi l’uno, lo studente avrà due appelli a disposizione per ognuno, a distanza di almeno quindici giorni, oltre alla possibilità di rifiutare uno o più voti, ripetendo l’esame scartato per una seconda e ultima volta. Le prove di profitto si svolgeranno tra fine novembre e i primi di dicembre, nella stessa data e contemporaneamente in tutte le università italiane in cui è attivo il semestre aperto, formula a cui ci si può iscrivere fino a tre volte.

Le prepara una commissione di professori demandata dal Mur. Si tratta di tre esami scritti da tre quarti d’ora e 31 domande l’uno. Di queste 21 a risposta multipla e 10 in «modalità a completamento», cioè dove inserire la parola mancante per completare la frase. Le valide valgono un punto, le sbagliate penalizzano di un quarto di punto (-0,25), quelle non date contano zero.

La valutazione finale

Il voto è dato in trentesimi, oltre alla lode. In caso di non ammissione a Medicina, dove i posti disponibili sono circa 21 mila in tutta Italia, questo potrà valere alla stregua di ogni altro esame universitario per iscriversi a un altro corso dell’area biomedica, farmaceutica, sanitaria e veterinaria. Quelle facoltà, cioè, che contemplino queste discipline nel piano di studi.

Le reazioni

Per come sono trapelate, a spizzichi e bocconi, le nuove modalità di accesso a Medicina che nelle premesse del ministro Bernini puntano a superare il numero chiuso e ad aumentare i numeri in modo sostenibile, scatenano critiche accese. «Qual’era la necessità di far perdere sei mesi di tempo agli studenti non permettendo loro di avere una preparazione adeguata e di qualità visto che saranno in almeno 70 mila a seguire corsi non si sa in che modo», commenta duramente il segretario nazionale di Anaao Assomed, Pierino Di Silverio.

Un test dopo sei mesi di frequenza illuderebbe oltretutto gli studenti. «Che l’ingresso sia libero, quando in realtà è un meccanismo macchinoso e poco trasparente che posticipa di almeno sei mesi la selezione e darà adito a ricorsi», aggiunge Di Silverio, che boccia, e non è il solo, la valutazione del passaggio del test: «Dipenderà solo dal punteggio ottenuto o rischiamo di veder reinserito il baronaggio selvaggio?», si chiede, e chiede al ministro, accusandolo di «creare precariato anche negli studenti».

Tempi stretti

L’inizio delle lezioni è fissato al primo di settembre, il tempo stringe e anche le università venete annaspano in una programmazione che, con giugno alle porte, fa i conti con ancora troppi se.

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