'Majonezë' di Giulia Grandinetti, il corto italiano agli Oscar

La regista, 'La libertà parte dal piccolo. Dalla salsa, per esempio'

(di Lucia Magi) (ANSA) - LOS ANGELES, 12 DIC - "Una giovane donna si libera dalle forze imponenti della sua vita in questo racconto ben recitato di famiglia, amore e ribellione. 'Majonezë' è una favola punk rock divertente e cinematografica". Con questa motivazione la giuria del prestigioso festival dell'American Film Institute (Afi) di Los Angeles ha assegnato in ottobre il premio come miglior cortometraggio alla regista italiana Giulia Grandinetti. Ora, questo piccolo gioiello girato in un bianco e nero evocativo e sgranato, aggiunge un tocco tricolore alla corsa agli Oscar del 2026. Dopo il premio dell'Afi e quello del Brussels Short Film Festival in primavera, 'Majonezë' figura infatti tra gli oltre 200 'live action shorts' arrivati da tutto il mondo accettati per la 98esima notte delle stelle. I membri dell'Academy of Motion Picture votavano fino al 12 dicembre i loro preferiti: il 16 dicembre verranno annunciati i 15 titoli che restano in gara fino alla seconda votazione che decreta i finalisti. "Essere qui è incredibile - spiega la regista, nata nel 1989 a Macerata e cresciuta a Potenza Picena - Los Angeles mi sembra familiare ed esotica allo stesso tempo: di sicuro unica!", dice all'ANSA guardandosi attorno con lo sguardo deciso e incantato, velato appena di timidezza. Grandinetti è in città insieme a Riccardo Neri, della Lupin Film, che ha prodotto il film in collaborazione con London Production Studios, Close Film e la città di Ersekë, in Albania, dove è ambientata e girata la storia. "Per ora ho raccolto pareri confortanti, il corto piace molto", considera al margine di una delle tante proiezioni per i votanti dell'Academy. 'Majonezë' segue Elyria (l'esordiente romana Caterina Bagnulo), una giovane che vive in un villaggio dell'Albania rurale. È inverno: la ragazza deve svegliarsi presto e coprirsi parecchio per uscire a far pascolare le pecore. Ha una relazione con Goran (il modello italo-serbo Alessandro Egger), un giovane del posto, coperto di tatuaggi e anticonformista, che però è serbo, mentre la famiglia di lei è albanese. Non è l'unico atto di ribellione a un padre autoritario e tradizionalista (interpretato in modo formidabile da Julian Jashar, un ingegnere meccanico di Ersekë prestato alla recitazione), che per rimetterla in riga le impone il matrimonio con un uomo più grande. Elyria scappa, ma in questo inno alla libertà, gli opposti si sfumano: il bianco e nero si sublima in oro e la vita della protagonista, in bilico tra un padre padrone e un principe azzurro-punk, prende un cammino inaspettato. Proprio così sono nati questi 22 minuti di cinema, con una svolta imprevista. "Nell'inverno del 2019, sono stata un mese e mezzo in viaggio per i Balcani con il mio compagno dell'epoca. Avevamo pochi soldi, una valigia e la macchina fotografica. Nel sud dell'Albania, a un certo punto, abbiamo deciso di imboccare una strada secondaria, che si è rivelata piena di ostacoli: ci abbiamo messo tre ore a percorrere quindici chilometri. Al primo villaggio, ci siamo fermati e ho subito percepito una vibrazione distinta, come fuori dal tempo". Grandinetti è tornata a Ersekë quattro anni dopo, questa volta di proposito e con le idee chiare. "A ottobre abbiamo preparato il set, a dicembre abbiamo girato per tre settimane. A primavera il corto era pronto", spiega. "Volevo rifettere su cosa è possibile e cosa non lo è. E chi lo decide? In questa dicotomia ho cominciato a ragionare su un film che raccontasse anche altri contrasti. Alcuni estetici, come il bianco e il nero merito del direttore della fotografia Ilya Sapeha o come i ritmi sospesi alternati a scene più sincopate grazie al montaggio di Niccolò Notario. Ma altri sono di concetto: bene e male, maschile e femminile, tradizione e contemporaneità, Albania e Serbia: come due novelli Romeo e Giulietta, Elyria e Goran sono separati dalle loro origini". Ma l'opera evoca la forza delle sfumature, dei grigi, della ribellione come terza via. "Per cambiare qualcosa si parte dal piccolo. Come dalla scelta della salsa che vogliamo per accompagnare le patatine fritte". (ANSA).

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