Samantha Pinazza, penna prolifica: «Pronta la trilogia fantasy esce a cadenza annuale»
La scrittrice comeliana ha al suo attivo già tre opere. «Domenica sarò a Trichiana per la presentazione di Coliburn»

È una penna prolifica, capace di spaziare e poliglotta, Samantha Pinazza. La comeliana non è solo l’autrice fantasy della saga “Le cronache di Albion”; negli ultimi mesi ha dato alle stampe anche “Io & Red”, ispirato alla storia del suo amato cane, e soprattutto il romanzo gotico “The tenant of Stanford House”, scritto in inglese ed edito dalla casa editrice americana Briar Press.
Le Cronache di Albion sono una saga in tre atti. Il primo romanzo, “Caliburn”, è uscito ad inizio marzo. Gli altri due?
«La trilogia è già pronta, però secondo e terzo volume – che saranno anch’essi titolati con il nome di una spada magica – usciranno con cadenza annuale. Il primo sta avendo una buona risposta: ha buone recensioni e continua a vendere. Il 28 aprile ho fatto la mia prima presentazione in libreria, a Treviso. E sono stata invitata a proporlo in due prossimi importanti eventi: domenica al Dolomiti Fantasy a Trichiana, e poi alla Festa dell’Unicorno a Vinci dal 21 al 23 luglio. Come tutte le saghe, man mano che si va avanti il racconto diventa più intrigante. Ci sarà maggior spazio per il cattivo, che viene finalmente presentato: Vortigen».
Non sei solo una scrittrice fantasy. A fine marzo hai pubblicato “Io & Red”. Di cosa si tratta?
«La Giovanelli Edizioni pubblica soltanto libri riguardanti gli animali, con lo scopo di sensibilizzare contro abbandono e abusi. È un tema a cui tengo molto. Ho salvato il mio cane Red adottandolo da un rifugio. Ogni giorno che passo con lui vedo gli strascichi del suo passato, che è stato anche tragico. Volevo dare testimonianza di quella che è stata la mia esperienza. Di quanto può dare il diventare responsabili di un’altra creatura. È una storia che vuole sensibilizzare contro l’abbandono, ma per me è di più: una storia d’amore, la storia del mio cane che poi è diventata anche la mia. Spero che questo libricino di una cinquantina di pagine, un racconto dal punto di vista di Red, di come la sua vita è cambiata, possa spingere altri a fare la stessa scelta. A dare un’occasione a questi cani tante volte ritenuti di serie B perché non di razza, o perché si ha paura possano essere problematici. Invece per me è stata la scelta più bella della mia vita».
Il 1° maggio è uscita un’altra pubblicazione, stavolta in inglese: “The tenant of Stanford House”.
«In contemporanea in Italia e negli Stati Uniti, edito dalla Briar Press New York. Dal 1° luglio sarà disponibile anche in italiano, con il titolo “Stanford House”. È un romanzo vittoriano classico, gotico. Lo stile di scrittura ricalca atmosfere alla “Cime tempestose”, alla “Dracula” o alla Anna Radcliffe. Stanford House è un tenuta di campagna diroccata che il protagonista, James Burden, ha acquistato con l’intento di sfuggire dalla vita frenetica di Londra. Cosa che non gli riesce, perché fin dall’inizio viene oppresso da una nebbia inquietante che si insinua attraverso le finestre piombate. Man mano iniziano ad avvenire eventi sempre più angoscianti. L’unica persona che è lì con lui è Magda, la moglie del precedente proprietario, come tutti gli altri morto in circostanze misteriose. Il signor Burden cerca allora di investigare, e si convince sempre più che responsabile di queste morti sia la nebbia. E si sente in pericolo egli stesso, tanto più che gli antichi proprietari da morti si manifestano in modi spaventosi e imprevisti».
Come ti trovi con Briar Press?
«Molto bene, ed evidentemente loro bene con me. Sarebbero specializzati soltanto in romanzi gotici, però hanno espresso interesse anche per la mia saga fantasy. Ho già tradotto il primo libro in inglese e lo stanno vagliando: ne parleremo. E probabilmente ci sarà un seguito pure per “The tenant of Stanford House”. Il mio finale originario era autoconclusivo, poi durante l’editing mi hanno chiesto dei piccoli cambiamenti, in modo da lasciare spazio ad un possibile prosieguo. Inoltre, l’hanno fatto accompagnare con illustrazioni che sembrano incisioni del XIX secolo: la confezione è anche esteticamente molto bella. Ho apprezzato tantissimo questa loro cura, tanto che non vedevo l’ora di avere il libro tra le mani».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi