L’emozione di Christine Cannella: «Grazie ai tanti che mi hanno aiutato»

I primi contatti via Facebook, poi l’arrivo nel Bellunese e la visita a Ponte

BELLUNO. Christine ha ritrovato tra Quantin e Roncan diversi parenti. Tra questi il cugino di secondo grado, Antonio Viel.

«Quando sono nato nel 1951, mia madre voleva chiamarmi Ives», spiega quest'ultimo. «La morte di mio nonno spinse poi i miei genitori a scegliere il nome Antonio». «Quando la nonna di Roncan, Virginia, arrivava a Quantin, ci portava pacchi pieni di abiti che arrivavano all'America», ricorda ancora. «C'erano pantaloni a zampa d'elefante, che qui in provincia ancora non esistevano. Un giorno la zia mi diede anche mille lire, che io cambiai con monetine da 5-10 lire. E mi sentivo il più ricco del mondo».

Storie di emigrazione: dagli Usa a Belluno in cerca delle radici

In tutto il suo viaggio bellunese Christine è stata accompagnata da Paola Bortot. «Sta crescendo l'attenzione dei discendenti di emigranti bellunesi nei confronti dei luoghi delle loro origini, tanto da organizzare viaggi ad hoc alla ricerca delle radici», fa presente la guida turistica. «Di recente ho accompagnato in città una coppia di statunitensi e, invece di portarli in piazza dei Martiri o a Cortina, mi hanno chiesto di accompagnarli a Caleipo, dove erano partiti i nonni. Poi, tramite agenzia, il contatto con Christine, una bellissima esperienza».

La bellunese del New Jersey, dal canto suo, tiene a ringraziare tutti coloro che l'hanno aiutata nelle ricerche e hanno reso possibile il suo arrivo in provincia: «La diocesi di Belluno-Feltre, don Giorgio Aresi, che veramente si è fatto "in quattro", Marta Viel e Nick Simcock, che mi hanno incoraggiato, la guida Paola, Marco Crepaz dei Bellunesi nel mondo. E, ovviamente, mio marito Marty, che ha voluto accompagnarmi in questa fantastica avventura. Un grazie di cuore anche a chi mi ha seguito all'archivio di Belluno e in parrocchia a Cadola per trovare materiale, oltre che ad Antonio e ai miei parenti che ho ritrovato. L'esperienza più straordinaria della mia vita». (m.r.)

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