Zecche, nel Bellunese cinque casi di Tbe segnalati in un solo mese

BELLUNO. Sono già cinque i casi di Tbe registrati in provincia nell’ultimo mese: uno a settimana. Per fortuna nessuno di questi ha avuto esiti seri, anche se un paio di questi pazienti ha dovuto ricorrere alle cure ospedaliere: «Ma solo per avere una diagnosi più approfondita». Parole del direttore dell’unità operativa di Malattie infettiva, Renzo Scaggiante, che annuncia la ripartenza delle vaccinazioni al dipartimento di Prevenzione contro la Tbe, vaccinazioni che erano state sospese durante il lockdown da Covid-19.
L’anno scorso in tutto il periodo estivo i pazienti affetti da meningoencefalite da morso di zecca erano stati 15, ben 240 dal 1994. Un primato nazionale, quella della provincia di Belluno, che ha portato alla costituzione di un centro di riferimento regionale per la cura della Tbe e per gli studi ad hoc sulle patologie trasmesse da questi parassiti.
Il vaccino
Quest’anno i parassiti, complice l’epidemia da coronavirus e l’impossibilità di uscire nei boschi, sono presenti in modo massiccio. Per questo resta importante la vaccinazione che dall’anno scorso è gratuita per i bellunesi. Sono tre le dosi necessarie per l’immunizzazione, da somministrare, per via intramuscolare, a un intervallo di 1-3 mesi tra le prime due dosi e di 6-12 mesi tra la seconda e la terza. Sono previsti successivi richiami ogni 3-5 anni. Ma prima del vaccino restano sempre valide le indicazioni per prevenire le malattie da zecca, vale a dire l’utilizzo di un abbigliamento adeguato per le uscite all’aria aperta, con maniche e pantaloni lunghi, il controllo del corpo al rientro dall’escursione e l’estrazione della zecca non appena individuata. Meno tempo resta con il rostro dentro il corpo, meno probabilità ci sono che rigurgiti virus e batteri che si trovano nel suo apparato digerente.
Lo studio
Vista la diffusione della zecca nel Bellunese, alla fine del 2019 l’Usl 1 Dolomiti e l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie hanno siglato un accordo per avviare uno studio sulle malattie trasmesse da questi parassiti. Studio che è già partito per quanto riguarda il recupero di zecche da animali selvatici e dal territorio, con prelievi da boschi e prati. Per quanto riguarda, invece, lo studio delle zecche che hanno morso l’uomo, «stiamo ancora valutando il sistema migliore per poter entrare in possesso di questi acari», precisa Carlo Citterio, dell’Istituto Zooprofilattico, interessato allo studio. «La nostra ricerca prevede lo studio in particolare della Borrelia, una malattia molto comune, che presenta cinque varianti a oggi conosciute», spiega Citterio. A questo si aggiunge anche l’attività di monitoraggio e sorveglianza sulle zecche e la loro diffusione sul territorio. «La raccolta sul territorio», prosegue Citterio, «avviene in particolare sulle aree dove sappiamo esistere una concentrazione maggiore dei parassiti come la Valbelluna, la Valle del Mis e Candaten. Ma il nostro monitoraggio sarà ampliato».
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