Wedding planner in crisi profonda «E dallo Stato pochi indennizzi»

IL CASO
Tanto si sente parlare di bar, ristoranti, piscine e palestre che c’è quasi il rischio di scordarsi delle piccole manifatture, delle botteghe di vicinato, dei negozi a conduzione familiare che in tante, anche nel nostro territorio, stanno soffrendo la crisi economica al pari di altri, se non peggio visto che non sempre ricadono nelle categorie coperte da ristori o dagli indennizzi.
La storia di Renata Bristot e Daniela Fornasier del “Bulli e Pupe” di via Giovanni De Min a Belluno è una di queste. La loro attività vive quasi esclusivamente di eventi e cerimonie ma si è ritrovata, da un anno a questa parte, perlopiù ad accatastare scatole su scatole di bomboniere, articoli da regalo e addobbi tutti parcheggiati, in attesa di tempi migliori per tutti.
«Abbiamo una decina di prenotazioni per altrettanti matrimoni che non sono ancora stati riprogrammati», racconta Bristot nello sconforto di un settore che ancora non vede la luce, «c’è ancora tanta confusione, tra numeri ristretti e parenti più anziani a rischio. Intanto però ci sono fabbriche che non ci permettono di tenere gli ordini nei loro magazzini troppo a lungo e che ci costringono ad acquistarli e accatastarli nel nostro negozio, anticipando noi le cifre per chi ce li ha ordinati».
Una situazione che normalmente andrebbe a carico delle coppie dei promessi, in questo caso tutti giovani del Bellunese. Che però al momento «hanno versato solo un acconto di un centinaio di euro a testa, mentre noi nel frattempo abbiamo dovuto comprare migliaia e migliaia di euro di decorazioni. Non oso nemmeno pensare cosa potrebbe accadere se qualcuno decidesse di annullare la sua festa all’ultimo momento…».
Il problema più grosso è che organizzare una cerimonia richiede un minimo di programmazione e qualche certezza in più, che al momento manca del tutto. «Da noi passano con almeno tre, quattro mesi di anticipo», una finestra fatta non più solo di organizzazione, ma di speranza e tanta pazienza. «Anche se domani il virus venisse magicamente sconfitto, noi non saremmo comunque in grado di ripartire subito, perché ci vorrebbe del tempo», oltre che altri soldi. Intanto la sofferenza monta, per la propria situazione personale visto che «è un anno che non ci facciamo uno stipendio e per fortuna siamo solo in due, senza dipendenti», ma anche per «la clientela affezionata, che veniva da noi anche da fuori provincia». Qualcuno è anche passato in negozio nelle ultime settimane, ma «nell’incertezza generale viene solo a farsi un’idea, senza ordinare niente». Renata e Daniela hanno con il tempo affinato il loro stile e i contatti con i fornitori, tanto da essere in grado, volendo «di fornire un servizio completo in perfetto stile wedding planners», con tanto di fioreria aperta nella stanza accanto. «Non seguiamo gli standard, ma cerchiamo di metterci sempre la nostra creatività», racconta Bristot che è diplomata disegnatrice edile e che per un paio di anni ha lavorato anche in uno studio tecnico, prima di veicolare la sua vena creativa nell’attività aperta 33 anni fa con Daniela, socia storica. «Davanti a noi vedo soltanto il vuoto: pur essendo legate alla catena della ristorazione, al contrario di loro abbiamo lavorato pochissimo».
Il rischio però è che si tramuti in una guerra tra nuovi poveri. Anche perché dallo Stato, a parte 2600 euro, ancora non hanno visto nulla. —
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